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lunedì 27 agosto 2012

L'OMINO PITTORE E LA CORNICE SENZA TELA /UNA STORIA DEI NOSTRI GIORNI







C’era una volta (ma non è troppo tempo fa) un omino pittore, che aveva promesso, in quello che si potrebbe definire un improvviso quanto inatteso slancio di bontà, alla sua amichetta, un po’ sognatrice , di regalarle “a gratis” sulla tela tutti i “colori” dell’Africa.
E la fanciulla ne era molto felice.
Continuava i suoi lavori come le era d’abitudine e intanto attendeva il dono.
Ma, nei paraggi, la strega Luxuria, quella dalla vista super-telescopica e dall’udito finissimo,che ne sa sempre una più del diavolo, avendo inteso il tutto, si diede immediatamente un grande da fare, tra alambicchi e pozioni magiche, per preparare un “piano” all’altezza della sua fama.
Infatti,appena l’artista ebbe terminata l’opera, Luxuria, di soppiatto e approfittando dell’assenza momentanea di lui, raggiunse il luogo dov’era il quadro in grande fretta e vomitò sulla tela incustodita “banalità” a catinelle, purché Africa non fosse, come aveva già fatto tempo addietro .
E poi, non paga, giù a colpi e a strappi perché non rimanesse niente.
Razzismo in pectore da”coatto” moderno o da razza padrona (?), avviluppato all’apparenza da mieloso buonismo,giusto per confondere le menti e il cuore.
Ma questo è il “mestiere” di strega.
E l’omino pittore – mi domanderete voi?
Lui non reagisce. E’ plasmato quasi come con il”das” (o plagiato???) e fa spallucce.
E la fanciulla -amica?
E lì che attende un “dono”, come da copione, che non potrà mai esserci.

venerdì 24 agosto 2012

UN POZZO MOLTO PROFONDO / SPAZIO INTERIORE







Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c’è in quel pozzo.
Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono e allora Dio è sepolto.
Bisogna di nuovo che lo dissotterri.

(dal Diario di Etty Hillesum )

giovedì 23 agosto 2012

"DAMMI UN PICCOLO VERSO" DI ETTY HILLESUM / SPAZIO INTERIORE









Dammi un piccolo verso al giorno, mio Dio, e se non potrò più scriverlo perché non ci sarà più carta e mancherà la luce, allora, lo dirò, piano, alla sera, al tuo grande cielo. (E.H.)

lunedì 20 agosto 2012

PEPLO






Peplo che avvolgi la solitudine
di una donna non più giovane.
Peplo fasciato alle sue nudità che
reclamano gli ultimi guizzi
di piacere erotico prima di giungere
a traghettare il Lete.
Raccontane, ti prego,la storia autentica.



di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)




venerdì 17 agosto 2012

IL COLORE E' PERSONA / PIU' CHE PERSONA IN ALCUNE CIRCOSTANZE / OMAGGIO ALL' ARTE ASTRATTA






Immaginiamo un piccolo spazio sufficiente ad ospitare un cavalletto da pittore, pennelli, spatole, colori e altri “ferri” del mestiere.
Musica di sottofondo magari , se c’è.
Oppure sopperiscono voci provenienti dalla strada, teatro di vita, cui purtroppo ,oggi giorno, tutti prestiamo quasi sempre meno orecchio.
E’ quanto basta per dare inizio alla “creazione”.
L’importante è che la luce illumini l’ambiente nel modo giusto, nelle differenti ore del giorno.
La luce, com’è noto, è fondamentale.
Colui o colei che si appresta ad animare improvvisamente la tela intonsa è sempre e solo un “tramite”, ricordiamolo bene.
Ma è un tramite geniale.
Traccia, spalma, picchietta, spruzza di getto, squarcia e lo fa con polso fermo e mano sicura.
Da non sottovalutare affatto in questo genere di “mestiere” la mano tanto quanto lo è per il chirurgo.
Nel nostro caso non c’è modello o modella.
E’ il “colore”- ci dice l’artista - la persona o la situazione contestuale da ritrarre.
Se ne può fare a meno - sottolinea.
Una grande sfida, che si ripete.
Ogni volta.
Questo è il “divino” di quell’arte che non ricorre a raffigurazioni iconiche ma che è capace, ugualmente, di esprimere mediante il colore, nelle sue differenti tonalità e in tutte le possibili sfumature esistenti, il cuore pulsante di ciò che è umano.
Terribilmente umano.
Perché l’umano è esistenza che scorre, si modifica, si trasforma, per poi ricominciare, magari sotto altre spoglie, il percorso. E non c’è niente di più autentico del “colore” che, senza enfasi, quasi con tecnica minimalista, è capace d’esprimerla.
Dall’artista alla tela.
Il sole , lo sappiamo, ci consente di leggere i “colori” e con essi gli stati d’animo della persona o del contesto, che si è inteso raffigurare , e quelli che l’artista aveva in mente e quelli che tu, lettore, forse sei capace di decodificare quando hai innanzi a te l’opera compiuta.
Che poi un’opera non è mai compiuta, bisogna precisare.
E il gioco stesso, gioco “amoroso”, che ne fa l’opera aperta e che si rinnova grazie appunto alle capacità di esprimere gioia, dolore, rabbia, ambizione, frustrazioni, serenità, ironia etc… del medium-artista ma, soprattutto, per le intuizioni mirate di chi è in grado di coglierne per intuizione, sensibilità e, soprattutto, bagaglio culturale, il significato e il significante.
Donde nasce poi la cosiddetta “critica”.
Insomma apprezzare l’arte, e non certamente solo quell’astratta, è come vivere un meraviglioso “triangolo” aperto.
E cioè un “rapporto”a tre.
L’artista, l’opera e il fruitore.
Meglio, quest’ultimo, se in possesso di un “qualche” piccolo modesto strumento di lettura che non lo porti, condizionato magari dal solo impatto emotivo, un po’ troppo fuori strada nell'analisi.



di Marianna Micheluzzi

L'immagine del dipinto ,a corredo del testo , è del pittore spagnolo Joseph Segui Rico


sabato 11 agosto 2012

"LA MOGLIE CHE NON VOLEVA MUTARSI IN LEOPARDO" /ANGOLO DEL GRIOT







C’era una volta, nel “nostro” solito e frequentatissimo villaggio africano, una bella famigliola composta da padre, madre e un figlioletto, nato da poco, che la donna portava ancora legato sulla schiena, quando doveva fare le sue faccende in casa e nell’orto.
Scoppiata però, dal giorno alla notte, una terribile carestia nella regione i tre, come tanta altra gente del posto, non avevano niente, ma proprio niente, da mettere sotto i denti.
Lo stesso orto, un tempo ricco di ogni bene di Dio, perché ben curato, era ridotto a solo erbacce secche.
E allora i tre pensarono di avventurarsi nella foresta alla ricerca, magari ,di qualche radice di pianta, che potesse ancora essere commestibile.
Ma, all’improvviso, durante il percorso, l’uomo scorse un branco di kudù ,che tranquilli brucavano dell’erba.
Siccome egli sapeva che sua moglie aveva un “potere” magico, trasmessogli alla nascita da un vecchio saggio del villaggio,quello cioè delle mutazioni, le chiese appunto di trasformarsi in un feroce leopardo per catturare almeno uno di quei kudù e placare così la loro fame.
La donna, sulle prime, non voleva saperne.
Ma, gioco forza perché quasi costretta, accettò.
Tuttavia a mutazione avvenuta il suo aspetto divenne così tanto aggressivo che lo stesso marito, terrorizzato,abbandonato il figlioletto da una parte, s’arrampicò su di un albero altissimo, timoroso d’essere assalito e sbranato dalla bestia.
La moglie-leopardo eseguito comunque il suo compito e, catturato il kudù, che avrebbero squartato e arrostito per placare il gorgoglìo di fame di stomaco e pancia, ritornò, su implorazione del marito, ad essere di nuovo la donna e la mamma di sempre.
Però disse molto chiaramente al “suo” uomo, vista la reazione scomposta che aveva avuto dinanzi al leopardo, e soprattutto perché non si era curato affatto del figlio, di non pensare mai più di chiederle di fare mestieri da uomo come, appunto, è la caccia.
E, infatti, da quel giorno in avanti, non ci furono più richieste del genere da parte del marito.


a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

martedì 7 agosto 2012

DIALOGO E INTERCULTURA /ANGOLO DELLA RIFLESSIONE






Gli individui, le società, le culture non devono essere visti come nemici o antagonisti ma come"altri" meritevoli di attenzione e di rispetto.



Un rispetto che si manifesta di preferenza con una mutua apertura al dialogo, andando oltre interessi e rivendicazioni personali.



Coltivando piuttosto virtù civiche che possono condurre ad una mediazione o a una composizione pacifica delle controversie.



Il problema è che questo modello richiede istruzione e una trasformazione paziente.



E, dunque,cortesi signori e amabili signore,è un progetto di lungo termine.



Non facile.






da "Il dialogo tra culture" di Fred Dallmayr-Marsilio editore

"ENENDENI" FA COAGULO PER L'ANIMAZIONE MISSIONARIA( MA NON SOLO)





Non sono trascorsi molti giorni che, nella cittadina tanzaniana di Morogoro, in Tanzania, si sono incontrati, intorno alla rivista “Enendeni” e al suo direttore, p. Francesco Bernardi, i missionari della Consolata, alcuni di quelli presenti sul territorio, per discutere di strategie rispondenti a realizzare un’animazione missionaria nel Paese che, a prescindere dal numero di eventuali possibili vocazioni sacerdotali, che pur ci sono e continueranno ad esserci, faccia dei tanzaniani sopratutto degli uomini autentici e degli onesti cittadini, cancellando, per quanto possibile in quel contesto, con tutte le sue enormi difficoltà per la gente comune, più tracce possibili, dove ancora sussistono, d’ ingiustizia e povertà.
Il contesto dell’incontro a Morogoro era d’internazionalità come accade spesso e un po’ dappertutto, di questi tempi, nelle differenti case missionarie dei “nostri” consolatini nei diversi continenti. Europa, e quindi Italia, inclusa.
Erano presenti, infatti, oltre all’italiano p. Bernardi, missionari keniani, congolesi e tanzaniani.
Si è partiti nella fase introduttiva dell’incontro con una valutazione di ”Enendeni” che, come si è già detto in altre occasioni, redatta in swahili, è letta e molto apprezzata in tutto il Tanzania per i suoi contenuti, in ambienti cattolici ma non solo.
E questo sarà, gioco forza, ulteriore stimolo, per direttore e rosa di collaboratori, di arricchirla di contenuti perché sia, a tutti gli effetti, nel tempo, la rivista della famiglia.
Poiché esiste a Bunju, a pochi chilometri da Dar es Saalam, un Centro d’animazione missionaria, come ben sappiamo, si è anche e sopratutto parlato di diffondere tramite depliant tutte le iniziative del “Consolata Mission Centre”, in modo tale che l’informazione raggiunga più agevolmente le persone interessate. Che poi, in questo caso, sono nello specifico i giovani studenti o i giovani lavoratori del posto che, a detta di chi conosce bene il contesto, hanno limitate occasioni di crescita culturale e formativa in generale. Se, appunto, non approfittano di opportunità di questo genere.
Ma non mancano a questi appuntamenti anche associazioni d’impegno civile (alcune al femminile e di donne musulmane come si è già avuto modo di vedere) e movimenti non strettamente di confessione cristiana.
Concludendo, sono tantissimi gli “input” che “Enendeni” ,e a partire da “Enendeni”, possono venire fuori, inattesi, proprio come il”coniglio dal cilindro”.
Questa poi, in definitiva, è la sfida, che è rivolta al prestigiatore, baba Francesco, e a tutti i suoi collaboratori.
Un bel fardello senza dubbio. Ma nulla è impossibile quando fede significa azione.
Auguri, allora, baba Francesco e amici tutti e, soprattutto, augurissimi, Tanzania.


A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

sabato 4 agosto 2012

IL CACCIATORE IL LEONE E IL TOPO MUSCHIATO /ANGOLO DEL GRIOT







Un cacciatore che abita con la famiglia nel “nostro” solito villaggio africano, un giorno, mentre munito di arco, freccia, spiedo per la caccia e cane si reca in foresta per la consueta battuta, s’imbatte in un topo muschiato che gli domanda aiuto con insistenza, dicendosi disposto, a suo tempo, con solenne promessa, a contraccambiare.
Il cacciatore, che è scettico in merito, considerando le dimensioni modestissime dell’animale, ed è pure un tantino schizzinoso per la puzza che la bestia emana, non ne vorrebbe proprio sapere.
Ma tanto l’altro insiste che,alla fine, il cacciatore lo solleva con le proprie mani e lo aiuta a passare dall’altra parte del sentiero.
Se così non fosse stato, e cioè senza l’aiuto del cacciatore, qualche animale più grosso e più vorace certamente lo avrebbe ucciso.
Fatta la buona azione, il cacciatore e il topo se ne vanno, com’è normale che sia, ciascuno per la propria strada.
L’indomani, però, il cacciatore ritorna in foresta per cacciare e viene colto di sorpresa da una pioggia terribile in quanto non aveva riflettuto abbastanza, prima di lasciare casa, sulla prossimità ormai improcrastinabile della stagione delle grandi piogge.
Unica soluzione così è ripararsi in una grotta,quella appunto che ha incontrato per puro caso sul suo cammino.
Entra, infatti, nella grotta ma insieme a lui entra nell’anfratto anche un leone piuttosto famelico.
E quest’ultimo, senza troppi complimenti, esplicita al cacciatore l’intenzione di sbranarlo.
Il leone lo avrebbe fatto, tuttavia, solo dopo che il cacciatore, che aveva con sé due galline faraone e il suo cane, avesse dato le galline in pasto al cane, avesse lui stesso mangiato il cane, per poi essere divorato, a sua volta, con tutta calma dal leone, che non intendeva recedere dalle sue cattivissime intenzioni.
E, come se non bastasse, il cacciatore doveva anche enunciare a voce alta, nella grotta, la sequenzialità di queste orribili azioni.
Mentre l’uomo ripete, perché costretto e a voce alta, ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco, il topo muschiato, che era presente nella stessa grotta, proprio quello dell’aiuto ricevuto a suo tempo, attiva i suoi amici.
Sono le termiti, cui dice che facciano eco con tutte le loro forze, ripetendo la medesima frase del cacciatore.
E le termiti, felici e disponibili, ubbidiscono subito.
Il leone, che fuori del suo ambiente, è sempre un tantino fifone, si spaventa da morire.
Anche perché la cosa si ripete più volte.
E, in più , egli proprio non capisce di chi possano essere queste voci.
Allora il cacciatore suggerisce al leone che forse è il caso di andare a cercare aiuto fuori dalla grotta dal momento che non si conosce affatto la provenienza delle “nuove” e misteriose voci.
Il leone si fida e consente all’uomo di uscire per cercare aiuto e soprattutto reperire magari dei pali per puntellare la grotta, che le termiti (anche se il leone non sa che sono loro),prima o poi, con il loro indefesso lavorio, avrebbero fatto crollare.
C’erano già in atto dei cedimenti.
Intanto, fuori, la pioggia continua a venire giù a secchiate da un cielo particolarmente minaccioso.
Appena all’aperto però, pioggia o non pioggia, il cacciatore se la dà a gambe, veloce come un razzo, per raggiungere la propria casa e così mettere in salvo la propria vita.
E pare che ci sia proprio riuscito, se ancora oggi può raccontare questa storia ai suoi nipoti,nelle interminabili serate invernali,accanto ad un allegro fuocherello.
Come l’ha racconta a me e, quindi, anche a voi.
E cioè di come ebbe salva la vita grazie ad un insignificante ma astuto piccolo topo muschiato.
Fabula docet.



Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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GOCCIOLE /SPAZIO POESIA




Coriandoli di materica sensualità
attraendosi e respingendosi
danzano sulla tela intonsa
come alle origini della creazione
per principiare il noto viaggio
nei recessi del turbolento inconscio.
All’aperto gocce di pioggia di fine estate
e di colori piuttosto goduriosi
impacchettano come in un cellophane
corpi di donna distesi in spiaggia .

Marianna Micheluzzi



L'immagine che accompagna il testo è un dipinto del pittore spagnolo Joseph Segui Rico dal titolo "Un giorno di pioggia, uno di più".

venerdì 3 agosto 2012

SUD-SUDAN / EMERGENZA INFINITA





Conflittualità e insicurezza alimentare costituiscono il”cancro” di chi vive oggi in Sud-Sudan, a partire da coloro che abitano,ad esempio, gli stati del Blue Nile e Sud Kordofan.
Dopo giorni di marcia con temperature impossibili, di giorno e di notte, decisi comunque a fuggire, costoro hanno trovato accoglienza nei campi di Batil, Doro, Jamam e Yida, che non sono proprio l’equivalente di un hotel a cinque stelle ma che, nell’immediato, risolvono per non morire di fame e, soprattutto, di sete.
E poter anche riposare un po’in posto relativamente più tranquillo di quello lasciatosi alle spalle.
Se si mette in conto poi lo stato molto precario di salute fisica dei nuovi arrivati anche una specie di girone infernale, quali sono il campo di Yida o quello di Batil, è accettabile.
A Yida e a Batil i bambini sotto i cinque anni continuano a morire come mosche giornalmente.
E anche fare statistiche con la”morte” è terribilmente difficile oltre che molto sciocco.
Specie se nei fatti non cambia niente.
Chi sopravvive, nel mondo dell’infanzia, di questa terribile infanzia, si trascina ostaggio di dissenteria, malaria e infezioni alle vie respiratorie.
Si fa il possibile da parte dei responsabili dei campi profughi ma non è agevole garantire sicurezze alcune ( e lo sappiamo bene), se non quel pochissimo di minimo indispensabile, che poi è tantissimo, che possono offrire i volontari di organizzazioni umanitarie come “Medici senza frontiere” e altre omologhe.
Proprio secondo “MSF”, a Yida, nei due mesi passati, quelli di giugno e luglio, sono morti, ogni giorno, almeno quattro bambini sotto i cinque anni.
E gli adulti non hanno certo sorte migliore, sfiancati come sono da pessime condizioni climatiche e da denutrizione endemica.
Il tasso di mortalità è di due morti al giorno ogni diecimila persone.
Ma le stesse condizioni di estrema precarietà ( malnutrizione severa acuta per i bambini ) sono presenti naturalmente anche a Doro,Yamam e Batil.
E l’emergenza per fare giungere eventuali rifornimenti si centuplica, in queste ore, con l’arrivo della stagione delle piogge.
L’impotenza umana, nonostante i notevoli successi raggiunti attualmente nel campo della scienza e delle tecnologie, e non sono pochi rispetto anche ad un recente passato, in circostanze come queste, si tocca con mano.
E c’entrano tanto le guerre assurde, scatenate esclusivamente per sete di potere e che gli umani non cessano mai di farsi, quanto i danni inferti sconsideratamente giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, all’integrità biologica del nostro pianeta.

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

giovedì 2 agosto 2012

REP. DEM. DEL CONGO / NO ALLA BALCANIZZAZIONE DEL PAESE





E’ partita ieri, 1 agosto, da Kinshasa, la cosiddetta” Marcia della speranza” con l’obiettivo di porre fine quanto prima alla guerra civile nel Kivu, zona orientale della Repubblica democratica del Congo ai confini con il Rwanda, dove gli uomini dell’M23, ribelli fuoriusciti dall’esercito regolare congolese, con il quale in precedenza avevano firmato un accordo d’integrazione e, oggi, con l’appoggio silenzioso di Rwanda e di Uganda, dissociatisi dall’impegno con Kabila, seminano terrore e morte tra la popolazione civile.
La marcia ha coinvolto ben 47 diocesi congolesi , circa 200 mila persone , che hanno palesato tutte il medesimo intento e cioè che la pace e la fratellanza sincera ritornino nella loro terra, troppo a lungo tormentata (i mortiormai si contano a migliaia), per interessi che esulano dal contesto strettamente congolese .E nessuno “strappo” soprattutto al territorio.
E si pensa subito alle ricchissime miniere del Kivu da cui l’Occidente, grazie alla troppo disinvolta’intermediazione africana, prende purtroppo a piene mani, e senza contraccambio, per alimentare la propria industria in generale e lo sviluppo irrefrenabile di tecnologie avanzate ( ad esempio il coltan é indispensabile nei nostri PC o nei telefonini et similia).
Nonostante gli Usa, la Gran Bretagna e l’Olanda, appurate le responsabilità dirette del Rwanda e dell’Uganda , abbiano chiuso in parte i rubinetti degli aiuti al Paese di Paul Kagame, il movimento M23 prosegue inspiegabilmente nelle sue azioni di disturbo e di offesa.
E ha conquistato Bunagana,alla frontiera con l’Uganda, e altre sei località della provincia.
E non ha, al momento, alcuna intenzione di resa o negoziato.

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

mercoledì 1 agosto 2012

LONDRA / SENEGAL AI QUARTI DI FINALE NEL CALCIO OLIMPICO







C’è l’ha fatta il Senegal al 49° minuto, quando c’era quasi già aria di rientro a casa, ed è stato possibile grazie ad un’azione brillante di Pape Moussa Konaté, che ha realizzato il pareggio(1-1) con la squadra degli Emirati Arabi.
Perciò grande festa di sportivi a Londra, nel villaggio olimpico, e sopratutto di gente comune in tutte le case e le strade di Dakar (e non solo), in cui troneggia un televisore o si possiede una radiolina.
Ed è festa, giustamente, di orgoglio “senegalese” e africano.
Una risposta modesta ma incisiva quanto basta a quel mondo supponente, che guarda ai senegalesi esclusivamente come a un popolo di “vu’ cumprà” con i quali mercanteggiare nei mercatini di città o sulle spiagge.
L’appuntamento importante per la squadra di calcio olimpica del Senegal è, adesso, quello di sabato prossimo, 4 agosto. E bisogna mettercela proprio tutta con un avversario di rispetto quale è il Messico.

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

MOROGORO / SPAZIO POESIA





Un’immensa nube di polvere s’alza all’improvviso
dallo sterrato della strada bianca
antistante il cortile della “grande” casa.

Un’accelerata e il viaggio ha subito inizio.

Il decollo quasi furtivo di mesi fa
da una Malpensa semi-deserta
di mattina, in un freddo gennaio, ritorna.

Le due immagini, quasi in dissolvenza filmica,
s’intersecano e si sovrappongono come le carte
di un abile giocatore sul tappeto verde.


Una ferita lacera, ricomposta a fatica
e coccolata con acrobazie, sonnecchia.

Ma l’arco non si tende più e la freccia
cerca ormai la faretra.

La chiamano resa.

Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

SIERRA LEONE /UN' EPIDEMIA DI COLERA CHE PREOCCUPA





Da gennaio ad oggi il colera ha contagiato 3 mila e 800 persone in Sierra Leone.
Di queste 62 , nel corso dell’anno, hanno perso addirittura la vita.
E’ questo il bilancio diffuso dal ministero della Sanità locale , che teme l’evoluzione della malattia e il conseguente contagio,che potrebbe espandersi ad ampio raggio, facendo ancora altre vittime.
L’epidemia in particolare sta colpendo la regione occidentale della Sierra Leone, inclusa la capitale Freetown, oltre a tre città del nord e del sud.
Complessivamente i casi di contagio risultano essere del numero di 3 mila e 721 persone.
La situazione più drammatica è stata riscontrata a Port Loko, città in cui hanno perso la vita almeno 21 bambini con meno di cinque anni.
E sono queste le cose che non devono accadere. Possibilmente mai più.
Come provvedere?
Maggiore attenzione all’igiene pubblica da parte dei governanti (niente fogne a cielo aperto, ad esempio, e servizi igienici di numero rispondente nei luoghi dove si raduna, per forza di cose, numerosa la popolazione come scuole, ospedali e carceri).
Meno ruberie da parte delle amministrazioni locali (facciamo rientrare il denaro dai conti all’estero e quello che c’è, e che appartiene alla gente comune, amministriamolo bene).
Più interesse, soprattutto, e rispetto per la vita umana(istruzione e formazione aiutano anche in questo) anche se, in certi contesti particolari, si sa che non sempre è facile e non certo per mancanza di buona volontà.

a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)