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lunedì 30 settembre 2013

La iena e lo sciacallo / Chi troppo vuole nulla stringe

Un giorno qualunque di un anno qualsiasi (nelle favole non importa mai quale sia) una iena, che passeggia per caso in una foresta di baobab, s’imbatte in una gazzella,oramai priva di vita. Leccandosi i baffi dal prepotente desiderio, immagina già il suo gustoso pranzetto di mezzodì. All’improvviso, però, avverte in lontananza il”noto” calpestio, che indica il sopraggiungere delle altre sorelle iene. Prima che esse potessero essere da lei, la “nostra”, che teme di perdere in un battibaleno la “sua” ghiottoneria, le precede e s’affretta ad andare loro incontro, mentendo sul fatto che, a qualche miglio da lì, c’è di certo un gregge di pecore, tutte morte, che possono rappresentare un’autentica goduria per saziare l’appetito. E le credulone, affamate come sono, non ci pensano affatto su due volte e le danno ascolto all’istante. E via , di corsa, in branco si muovono nella direzione opposta. Intanto la “nostra” , tranquillizzata, ritorna dove aveva scoperto la gazzella. E, sorpresa delle sorprese, il suo “ pranzetto” lì, in quel punto, proprio lì, non c’è più. Era accaduto che, durante l’ assenza, uno sciacallo ( il “fattaccio” glielo rivela un rapace di passaggio,che è in sosta sul ramo di un baobab), che non è meno avido e predone delle iene, aveva pensato lui a banchettare con carne di gazzella tenera senza neanche attendere il mezzogiorno.(m.m.)

martedì 10 settembre 2013

Milano /"Women in Business" /Africane e no

Milano / “Women in Business” /Africane e no Il prossimo 17 settembre, al Piccolo Teatro Strehler di Milano, è attesissima la conferenza, organizzata da Deutsche Bank Italia in partneship con l’Eni, che vedrà affrontare con il pubblico presente in sala (maggioritarie saranno senz’altro le presenze al femminile) sette donne leader (africane e no), ciascuna esperta del proprio ambito lavorativo, intorno al tema del cosiddetto sviluppo “sostenibile”. L’incontro è previsto articolato (si partirà come orario nel primo pomeriggio alle 15,30) in due momenti di riflessione , ciascuno dei quali sarà sempre preceduto da un video breve, il quale mirerà a sottolineare lo specifico di un confronto tra le differenti economie africane e quelle europee. E questo, ancora una volta, nella convinzione che una collaborazione fruttuosa (Europa-Africa), in un clima che sia di pace e di autentica democrazia, possa pagare .E anche bene. E per entrambe le parti in causa. L’Eni in Africa ha un’esperienza professionale sul campo molto provata e di vecchia data, senza sottovalutare per questo, accanto alle luci, le immancabili ombre, che pure ci sono state e che nessuno intende negare. Resta, però, che il continente africano presenta per noi europei alcuni elementi distintivi che devono contare. Elementi che non ci possiamo permettere di trascurare con i tempi che corrono. E che semmai, con modestia, sarebbe il caso di tenere ben presenti. Nel ruolo lavorativo al femminile, ad esempio, le donne africane fanno registrare un tasso di crescita, negli ultimissimi anni, addirittura di molto superiore a quello europeo (le statistiche in possesso di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, per l’Italia ci dicono, addirittura, che essa risulta essere all’80’ posto dopo il Ghana e il Bangladesh). E, dando tempo al tempo, si perverrà per tutte le donne dei Paesi in via di sviluppo anche all’accesso allargato di beni e servizi proprio come già accade, al momento, in Europa e in altre parti del pianeta. E, a dirla tutta e bene, l’impegno delle donne africane non riguarda solo l’artigianato, la piccola industria e/o il commercio o le professioni ma anche la politica. Nel Rwanda di Paul Kagame si registra da molti anni, e senza tema di smentite, la più alta percentuale di donne in Parlamento rispetto ad altri Paesi nel mondo. Ritornando al meeting di Milano (Women in Business and Society), esso giunge per la prima volta in Italia. Sono attese dall’Africa, in particolare, la liberiana Leymah Gbowee, Premio Nobel per la Pace e, soprattutto, direttore di “Donne per la Pace e la Sicurezza in Africa”e la mozambicana Esperanca Bias, ministro delle risorse minerarie del Mozambico, che entrambe parleranno dell’importanza dello sviluppo energetico, che all’Africa oggi fa problema e, quindi della partnership pubblico-privato. Oltre alle africane ci saranno un’islandese (l’Islanda per molti di noi è assolutamente un mondo sconosciuto e tutto da scoprire), una cubana e numerosi importanti nomi di italiane,alcuni dei quali noti anche al grosso pubblico come Paola Severino, docente di Diritto Penale e già ministro della Giustizia, e Suor Giuliana Galli, membro del Consiglio generale della Compagnia di San Paolo. Conduttrice dell’incontro e moderatrice degli interventi sarà la nota giornalista di Rai News24, Monica Maggioni, affiancatae supportata nello specifico di alcuni contenuti di settore, per l’intera durata ,da Paolo Scaroni (amministratore delegato Eni) e da Flavio Valeri (amministratore delegato Deutsche Bank Italia). E tutto perché, anche il superare le differenze di genere nel campo lavorativo, vuol dire oggi promuovere quella crescita responsabile, che tutti auspichiamo, capace di guardare lontano. Molto lontano. Fare divenire , insomma, il”futuro” un po’ più “presente”. E “donna” che lavora è più bello. //(m.m.)

lunedì 9 settembre 2013

Somalia / Paura e morte sempre dietro l'angolo /Urge impegno contro il fondamentalismo islamico

Sabato scorso , a Mogadiscio, capitale della Somalia, c’è stato un grave attentato in un rinomato hotel cittadino e nell’ adiacente ristorante L’ennesimo, in città, in questi ultimi mesi. Preciso il “rinomato” in quanto l’hotel, così come il ristorante, erano entrambi certamente noti agli attentatori per essere luoghi frequentati da funzionari del governo e dalla gente bene del posto. Il bilancio provvisorio dell’accaduto, destinato a salire, era, almeno fino a poche ore fa, di quindici morti e di oltre una quarantina di feriti. Si ritiene che l’esplosione sia stata opera di un attentatore suicida come è notoria modalità d’azione del gruppo islamico fondamentalista al-Shabaab. Non c’è stata, tuttavia, nessuna rivendicazione ufficiale. E’ superfluo sottolineare che questo genere di danni mettono con le spalle a muro tutta la buona volontà del nuovo corso politico somalo, il quale ha un forte bisogno di stabilità interna per favorire in particolare l’ingresso in Somalia di nuovi investitori stranieri e d’ indurre anche gli stessi cittadini somali della diaspora ad un possibile rientro. Infatti, a prescindere dallo “specifico” somalo ( piaga della pirateria per fare cassa e autofinanziarsi da parte dei ribelli e/o terroristi),che poi riguarda un po’ tutto il “Corno d’Africa”, incluse alcune regioni costiere del Kenya (malcontento delle popolazioni locali e ricerca estrema di autonomia amministrativa) , banche d’affari e istituti di ricerca indicano ultimamente, per una futura ripresa dell’economia globale, proprio il continente africano. E la tesi, salutata con ottimismo da più parti, poggia su numeri come il 7% di crescita stabile generalizzata, il 10% delle riserve mondiali di petrolio (Nigeria ma non solo), l’8% di gas. E sempre queste stesse analisi raccontano di un’Africa, sette tra i suoi più importanti Paesi,che dal 2005 al 2010 sono entrati a fare parte di diritto delle economie in più rapida espansione. Senza contare che, entro il 2040, questi stessi studi prevedono che la popolazione giovane del continente (l’età media degli abitanti dei Paesi africani tende stabilmente al basso) sarà la forza lavoro più numerosa del pianeta e, con i suoi mezzi economici adeguati, anche quella stessa che usufruirà maggiormente di beni e di servizi. E non è affatto, trattandosi di previsioni economico-finanziarie,di quanto scritto o letto in un qualsiasi libro dei sogni. Ecco allora, concludendo, l’imprescindibilità dell’impegno di tutti (e non solo il sostegno strettamente economico della UE alla Somalia) per debellare da quella terra, che ha già sofferto abbastanza, l’islam fondamentalista. E occorre farlo presto e bene. Il “cancro” bisogna resecarlo. Chi la pensa in maniera differente, ha interesse a proporre e a perpetuare un ‘Africa stracciona, buona solo a impietosire e a mendicare aiuti, con scopi altri. Ma è bene sapere che molti di questi “nostri” stereotipi laggiù, da tempo, si sono infranti. Nessuno nega che c’è ancora tanto da rimboccarsi le maniche per migliorare le cose come è normale che sia e combattere, ad esempio, la piaga purulenta della corruzione. Solo che, trattandosi di un continente vasto e variegato, e con una “sua” storia particolare, occorre più rispetto da parte dell’Occidente generalizzato (e, quindi, anche da parte nostra) nelle parole e nei fatti. Nonché imparare, con umiltà, a sapere osservare i cambiamenti di uomini e cose. //(m.m.)

domenica 8 settembre 2013

E' tempo di andare a scuola / Se il bambino sale in cattedra ( "Enendeni" 2014)

In Africa il tuo ragionamento tanto più è convincente quanto più ti avvali di un proverbio... Anche nel continente nero, come in tutti i continenti, le raccomandazioni ai bambini si sprecano. Forse, però, un proverbio è più efficace di 100 “ti raccomando: fa attenzione!”. Circa l’educazione dei figli, ecco alcune frasi-proverbio africane: “Un bambino è il risultato dell’educazione ricevuta”; oppure: “Correggi il bambino quando è ancora piccolo”; ed anche: “Un bambino obbediente sarà una benedizione”. Pillole di saggezza di sempre, che investe grandi e piccoli. Tuttavia nessun proverbio è tanto saggio ed innovativo quanto “se non vi convertirete per diventare piccoli come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” di Gesù di Nazaret (cfr. Matteo 18, 3). Di regola a scuola vanno bambini e giovani. Però, nell’ottica di Gesù, esiste “una scuola permanente” che riguarda tutti, adulti e anziani compresi. E, fatto davvero rivoluzionario ed unico, sulla cattedra di tale istituto siedono i bambini. Dunque, a scuola dai bambini! In Italia (e in tanti altri paesi) già si programmano le prossime agende, con il calendario del 2014. Banche, fabbriche, università, supermercati, riviste, nonché diocesi e parrocchie... tutti vantano le loro agende con il calendario 2014. Il Tanzania non fa eccezione. Anche “Enendeni”, la rivista missionaria in swahili del Tanzania, propone il suo calendario per 2014. Un calendario tutto incentrato sulla figura del bambino-maestro, che ha come titolo: “Benvenuti, bambini”. Ogni mese propone un passo del Vangelo, riguardante bambini, che “insegnano”. Ad esempio, l’espressione citata “se non vi convertirete per diventare piccoli come i bambini”, il calendario 2014 di “Enendeni” la commenta così: “I bambini svelano l’inganno e la superbia dei grandi. Essere come i bambini significa essere docili. In tale logica, la vera grandezza è l’umiltà che presta attenzione agli altri. Il bambino è paradigma di umiltà, perché dipende sempre dagli altri nelle sue necessità”. Pero ci sono pure bambini viziati, che vogliono solo giocare e ballare (cfr. Matteo 11, 16-19). E il calendario commenta: “I bambini che vogliono solo spassarsela rappresentano gli uomini e le donne di sempre che rifiutano la salvezza di Gesù Cristo. Però Dio non si lascia scoraggiare dai dinieghi umani. Alla fine la sua saggezza farà trionfare la giustizia di amore”. Un giorno Gesù si imbatte in un funerale: una mamma vedova sta accompagnando al cimitero suo figlio morto. Gesù ne ebbe compassione e risuscita il bambino e lo consegna alla madre (cfr. Luca 7, 13-15). Gesù ridona la gioia ad una vedova. Nella società africana la donna gode di scarsa libertà. La donna dipende dalla sua famiglia e, se sposata, dal marito. La sudditanza si aggrava nel caso della vedova. Presso varie comunità africane la vedova viene automaticamente “ereditata” dal fratello maggiore del marito defunto. Alla vedova senza figli vengono poi sottratti i beni lasciati dal marito. Gesù, risuscitando il figlio della vedova, contesta una cultura di schiavitù che penalizza la donna... Ma è, soprattutto, in dicembre che i bambini salgono in cattedra. Anzi, “un” bambino, ed è un Bambino Dio. Dio è grande, il più grande. Però è anche “piccolo”, secondo la logica del Vangelo in base alla quale “il più piccolo è il più grande” (Luca 9, 48). Il Bambino-Dio, nato a Betlemme, non sarà mai grande, ossia potente e ricco. Morirà in croce come uno schiavo pezzente. Però, “quando sarà innalzato, attirerà tutti a sé” (cfr. Giovanni 12, 32). Ecco perché i suoi seguaci albergano in cuore la speranza. // p. Francesco Bernardi, missionario della Consolata, direttore della rivista “Enendeni”.

venerdì 6 settembre 2013

E' apertura delle scuole /Se il bambino sale in cattedra /Bambini di Tanzania

In Africa il tuo ragionamento tanto più è convincente quanto più ti avvali di un proverbio... Anche nel continente nero, come in tutti i continenti, le raccomandazioni ai bambini si sprecano. Forse, però, un proverbio è più efficace di 100 “ti raccomando: fa attenzione!”. Circa l’educazione dei figli, ecco alcune frasi-proverbio africane: “Un bambino è il risultato dell’educazione ricevuta”; oppure: “Correggi il bambino quando è ancora piccolo”; ed anche: “Un bambino obbediente sarà una benedizione”. Pillole di saggezza di sempre, che investe grandi e piccoli. Tuttavia nessun proverbio è tanto saggio ed innovativo quanto “se non vi convertirete per diventare piccoli come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” di Gesù di Nazaret (cfr. Matteo 18, 3). Di regola a scuola vanno bambini e giovani. Però, nell’ottica di Gesù, esiste “una scuola permanente” che riguarda tutti, adulti e anziani compresi. E, fatto davvero rivoluzionario ed unico, sulla cattedra di tale istituto siedono i bambini. Dunque, a scuola dai bambini! In Italia (e in tanti altri paesi) già si programmano le prossime agende, con il calendario del 2014. Banche, fabbriche, università, supermercati, riviste, nonché diocesi e parrocchie... tutti vantano le loro agende con il calendario 2014. Il Tanzania non fa eccezione. Anche “Enendeni”, la rivista missionaria in swahili del Tanzania, propone il suo calendario per 2014. Un calendario tutto incentrato sulla figura del bambino-maestro, che ha come titolo: “Benvenuti, bambini”. Ogni mese propone un passo del Vangelo, riguardante bambini, che “insegnano”. Ad esempio, l’espressione citata “se non vi convertirete per diventare piccoli come i bambini”, il calendario 2014 di “Enendeni” la commenta così: “I bambini svelano l’inganno e la superbia dei grandi. Essere come i bambini significa essere docili. In tale logica, la vera grandezza è l’umiltà che presta attenzione agli altri. Il bambino è paradigma di umiltà, perché dipende sempre dagli altri nelle sue necessità”. Pero ci sono pure bambini viziati, che vogliono solo giocare e ballare (cfr. Matteo 11, 16-19). E il calendario commenta: “I bambini che vogliono solo spassarsela rappresentano gli uomini e le donne di sempre che rifiutano la salvezza di Gesù Cristo. Però Dio non si lascia scoraggiare dai dinieghi umani. Alla fine la sua saggezza farà trionfare la giustizia di amore”. Un giorno Gesù si imbatte in un funerale: una mamma vedova sta accompagnando al cimitero suo figlio morto. Gesù ne ebbe compassione e risuscita il bambino e lo consegna alla madre (cfr. Luca 7, 13-15). Gesù ridona la gioia ad una vedova. Nella società africana la donna gode di scarsa libertà. La donna dipende dalla sua famiglia e, se sposata, dal marito. La sudditanza si aggrava nel caso della vedova. Presso varie comunità africane la vedova viene automaticamente “ereditata” dal fratello maggiore del marito defunto. Alla vedova senza figli vengono poi sottratti i beni lasciati dal marito. Gesù, risuscitando il figlio della vedova, contesta una cultura di schiavitù che penalizza la donna... Ma è, soprattutto, in dicembre che i bambini salgono in cattedra. Anzi, “un” bambino, ed è un Bambino Dio. Dio è grande, il più grande. Però è anche “piccolo”, secondo la logica del Vangelo in base alla quale “il più piccolo è il più grande” (Luca 9, 48). Il Bambino-Dio, nato a Betlemme, non sarà mai grande, ossia potente e ricco. Morirà in croce come uno schiavo pezzente. Però, “quando sarà innalzato, attirerà tutti a sé” (cfr. Giovanni 12, 32). Ecco perché i suoi seguaci albergano in cuore la speranza. p. Francesco Bernardi, missionario della Consolata, direttore della rivista “Enendeni”. //

L'assenza giustificata / Spazio Poesia

Arranca la fantasia e il verso zoppica di continuo e celia ironico la staffetta di una gara fuori tempo e fuori spazio nella quiete del meriggio assolato. Ineffabile. (m.m.)

mercoledì 4 settembre 2013

L'Africa e "io" /Reading da pensieri e parole di Binyavanga Wainaina

“Il mondo che tu hai davanti s’increspa in tanti passaggi paralleli , un milione di corridoi della mente. Ogni giorno lanci le tue biglie fuori dal cervello e lasci che piedi, braccia e spalle le seguano. Ben presto qualche biglia s’incanala rumorosamente diretta a te, in uno dei solchi e scorre sempre più spavalda con autorità e precisione. Ogni biglia è una versione di te, intera, piccola e rotonda”. Come i soli appunto, rimugina il ragazzino(l’io-narrante) ,il quale osserva il sole tra i rami scomporsi in tanti piccoli sé. E ancora “Le migliaia di soli respirano. Inspirano, ombreggiati e freschi tra le foglie, e io mi lascio respirare con loro; poi sbuano luce, espirando, e mi riscaldano il corpo. Sto per immergermi completamente in questo momento quando vengo catturato da un’idea. Non è che il sole si divide in tanti pezzetti. Non si smembra in piccole parti quando scende tra gli alberi e le cose. Ogni pezzetto di sole è sempre un piccolo sole completo. Sto tornando dentro le mie braccia, le gambe e la porta (è in corso una partita di pallone tra fratelli nel cortile di casa), pronto a spiegare a Jimmy e a Ciru questa cosa delle migliaia di soli. Non vedo l’ora. Stavolta sì che mi crederanno. Quando la dirò non sembrerà una scemenza, come capita spesso, e loro mi guardano, alzano gli occhi al cielo e mi dicono che ho le rotelle fuori posto. Ridillounpo’, mi dicono. Si stanno avvicinando. Jimmy grida. Prima di tornare del tutto in me, sento che mi si squarcia un orecchio. Il pallone mi centra in piena faccia.Cado. Goool. Migliaia di soli eruttano risate umide; perfino la radio ride.”//(m.m.)

martedì 3 settembre 2013

Marocco /Il Cerchio e la Freccia /L'Arte di Farid Belkahia

Farid Belkahia, misticismo e sensualità, è uno dei pittori più affascinanti del Marocco contemporaneo. Dotato di un forte temperamento, persegue da mezzo secolo a questa parte, nonostante l’età e una notorietà acquisita, un cammino molto speciale. Ferocemente attaccato alla sua libertà, è difficile – sostiene chi lo conosce bene – che si faccia imbrigliare. Ossessionato dal tema della memoria, ha pescato in passato e pesca ancora oggi, a piene mani, nella antica storia culturale del suo Paese e della sua gente per decifrare segni e riuscire a leggere i motivi della tradizione. “La tradizione – egli afferma – è il futuro dell’uomo !”. Farid non concepisce, infatti, modernità che non sia assimilazione dei valori del passato. Nei suoi lavori c’è l’ambivalenza del sacro e del profano e non passa inosservata una forte sensualità esplicitamente espressa. Artista esigente, tormentato ma scherzoso,è piacevole ascoltarlo mentre parla di sé. E questo giacché lo fa da narratore provetto. Nato a Marrakech nel lontano 1934, cresce in campagna, in una grande proprietà, che appartiene alla famiglia. Suo padre era una sorta di avventuriero, che era riuscito a realizzare una fortuna come specialista di estratti di profumo, che vendeva soprattutto in Europa. E la cosa funzionò fino a quando i tedeschi non inventarono in seguito i profumi sintetici. “Nella nostra casa erano ospiti di passaggio pittori e artisti stranieri, incontrati da mio padre in giro per il mondo”- precisa Farid Belkahia. E sua madre, lui di appena due anni, lascia il Marocco proprio per seguire uno di questi in Europa.Ma lui, il nostro, della storia sentimentale della madre ne viene a conoscenza solo qualche anno dopo. Infanzia felice? Certamente no. Si rinchiude in se stesso e comincerà a parlare solo all’età di quattro anni. Viene allevato dalla nonna paterna. Un odore resterà nella memoria della sua infanzia ed è quello dell’henné, il colore rosso con cui le donne marocchine si spalmano i capelli e si decorano le mani e i piedi con delicati tatuaggi. E il colore dell’henné, il rosso, con quello dello zafferano, il giallo, e quello del cobalto, il blu, sono i colori di Farid Belkahia. Studia prima a El Jadida e poi a Marrakech e la materia che lo interessa particolarmente è il disegno. A diciotto anni si trasferisce nella città di Quarzazate,dove lavora come istitutore in un collegio e inizia a disegnare e a prendere sul serio in considerazione l’idea di dipingere. Nel 1954 è a Parigi, città in cui fa piccoli lavori e s’iscrive alla Scuola di Belle Arti. Non sempre, però, i suoi nuovi maestri lo incoraggiano. E lui dice di quel periodo della sua vita : “Tutto quello che ho imparato l’ho appreso girando nelle vie del Quartiere Latino”. “Erano gli anni –prosegue- in cui Saint Germain de Prés ospitava, nei bistrot e nei caffè, personaggi quali César, Ernst e Dalì”. Ma l’incontro fondamentale è con Georges Rouault. Georges il solitario, l’artista capace di guardare la vita con gli occhi di un clown. Pittore, poeta, filosofo. Colpisce Farid l’ispirazione tragica e religiosa delle tele di Rouault , i suoi tratti rabbiosi, le sue tonalità scure , i soggetti che ironizzano le miserie umane. Nel suo soggiorno a Praga, invece, subisce l’influenza di Paul Klee anche se i suoi colori restano comunque quelli scuri. Approfondisce così la ricerca sull’artista Klee e subito emerge nell’artista marocchino l’ossessione del cerchio e della freccia. Segni che traducono la concezione mistica dell’uomo secondo Farid. In tutte le opere di Farid Belkahia, infatti, è presente lo scontro tra le forze del Bene e quelle del Male, energie contrastanti che attraversano l’uomo. E dove, tuttavia, non c’è compiacenza degli abissi del male, semmai attesa fiduciosa di redenzione. Cristo della Passione, abbandonato da Dio e dagli uomini sulla Croce, si è fatto uomo proprio per liberare l’umanità dalla malvagità. Questo è il pensiero sotteso all’operare dell’artista. Dal ritorno definitivo in Marocco,quando insegna per alcuni anni alla Scuola di Belle Arti, il suo percorso ,insieme a quello degli allievi è il rifiuto categorico di applicare la tradizione nei metodi. Approfondisce piuttosto l’artigianato marocchino e cioè gioielli, ceramiche, tappeti, sculture. E si circonda d’insegnanti, altri colleghi, anch’essi appassionati di tradizioni popolari . L’obiettivo ? Quello di realizzare un nuovo modo di fare cultura in Marocco. E pare che Farid, considerando i brillanti successi riportati in tutti questi anni tanto nella pittura che nella scultura e altro, ci sia più che riuscito e, con lui, alcuni di coloro che sono stati, a suo tempo, allievi, nomi noti anch’essi nel mondo dell’arte del Marocco odierno. E il nuovo modo di fare cultura significa per Farid il portare l’arte alla gente , dialogare con tutti: uomini, donne, bambini, anziani. E farlo nelle piazze e nelle strade possibilmente. Con musicisti che, magari, intrattengono il pubblico dal vivo con le antiche nenie e artisti che tracciano segni grafici su carta, pelle,legno, dando vita a forme nuove,un mix d’antico e moderno, che intrigano. E non solo, dunque,l’andare nei musei, spesso fruibili da risicate minoranze acculturate. // (m.m.)

lunedì 2 settembre 2013

Asad e Carama /La lisca di pesce /Il Griot racconta

Il piccolo Asad e il suo amichetto di giochi Carama ,in un pomeriggio rovente di mezza estate, si recano nei pressi del piccolo fiume, più pozza d’acqua che fiume, per provare a inventarsi lì una qualche astrusa diavoleria(non importa quale essa sia) e trascorrere così tutto il tempo, prima dell’arrivo del buio pesto della notte. Che i bambini abbiano fantasia da vendere è cosa nota. Come siamo consapevoli che l’Africa è una terra che può, all’improvviso, sorprenderci. E non dobbiamo stupirci. E poi, ancora, a dirla tutta, il bello del villaggio africano (quello che più ci attrae da frettolosi e stressati occidentali) è che ciascuno vive in pieno la propria libertà. Non c’è mai fretta. E tutto è “pole” “pole”. Per tutti. C’è, infatti, chi lavora o, almeno, s’ingegna a farlo e chi cucina all’aperto; oppure chi chiacchiera sotto il grande albero e chi gioca, come fanno i piccoli, felici di un insignificante nonnulla. Ritornando ad Asad e Carama, gli intraprendenti maschietti (che nel mentre sono giunti nel luogo convenuto ), proprio loro, i due, cominciano ad esplorare ogni cespuglio o ciuffo d’erba con grande attenzione e meticolosità.E battono il terreno palmo palmo. Sono, infatti, speranzosi di un ritrovamento “importante” (quelli che definiscono i “loro” tesori) da poter mostrare più tardi, con fierezza, al rientro, agli altri. Ecco, manco a dirlo che, dopo pochi passi, e neanche molto tempo poi, all’improvviso si concretizza allo sguardo di questi Indiana Jones, color ebano, quella che per noi è soltanto una lisca di pesce. Residuo probabile di un banchetto di un qualche animale affamato. Fantasia delle fantasie, la cosa, invece, diventa molto interessante. Assad invita all’istante Carama a sdraiarsi in terra e a cominciare a costruire insieme un credibile “castello” simil-fantascientifico da narrare agli altri nel momento del rientro al villaggio. Carama è un po’ riluttante ma Assad è più grande di lui. E, pertanto, non c’è scampo di sottrarsi. E obbedisce. La misteriosa “lisca” per magia simultanea diviene un fossile di ere lontanissime. E lui, Asad,è il suo fortunato scopritore. O meglio lo scopritore di un’intera ignota civiltà, di cui in seguito si parlerà a lungo. Ma questo non basta, riflette Asad. E, nonostante, tutto i il clamore di cui i due saranno, senz’altro, oggetto sui “media” locali in seguito. Occorre qualcosa di più. Carama, allora, concorre anche lui, piccolo e fantasioso com’è. E aggiunge serioso che, puntando con gli occhi la lisca, è accaduto che, mentre la stringeva tra le mani, essa si è trasformata in un coloratissimo bolide spaziale, che gli ha consentito di viaggiare supervelocissimo(come è quasi impossibile immaginare a qualsiasi uomo) negli spazi siderali. Proprio come ha avuto modo di vedere nei cartoons alla tv quando gli è capitato, qualche volta, di recarsi nella città vicina. Insomma la “storia” è bella che confezionata. E poiché il sole sta inesorabilmente per andare a dormire, anche Asad e Camara devono, di necessità, fare rientro al villaggio. E ce ne sarà ( pensano entrambi i due fantasiosi monelli lungo il tragitto, che non vedono l’ora di terminare) il tanto e di più da stupire grandi e piccini, questa sera, intorno al fuoco, mentre si racconterà l’avventura e, sempre, con un occhio furtivo rivolto alle stelle.// (m.m.)

domenica 1 settembre 2013

L'incognita /Spazio Poesia

Atto primo/ Ci si prova (è mestiere)/ a raccontare l’essere e/ o l’esistente/ e, tutte le volte, con parole/ novelle e differenti. Eppure , amico mio, non si è/ mai paghi del risultato./ Persino coronati d’alloro/ e confortati dal coro petulante/ di cinciallegre canterine./ Atto secondo/ Intanto lei paziente/ leggeva i miei silenzi/ meglio che le mille/ pagine erudite/ redatte con grafia/ nervosa./ E abbelliva appena / di un roseo bagliore / lo scoramento dell’attimo./ Atto terzo/ E poi l’andar per mare/ La vela gonfia dal vento/ E il naviglio pari a piuma/ E i tuffi ripetuti/ E la meta molto dubbia/ ma con l’intento certo/ (quello sì )/ di confondersi con l’onde/ campo mutante e incolore/ a tratti grigio, a tratti verdazzurro.// (m.m.)

L'Italia e gli immigrati /E' una cosa piuttosto "seria"

Gli ultimi sbarchi di agosto sulle coste italiane inducono, di necessità, i benpensanti a maturare una riflessione seria sul tema dell’immigrazione, che non è più tramandabile. E questo, essendo prossimi ad un certissimo autunno caldo in merito alla “questione” lavoro, merce rarissima di questi tempi e, dentro fino al collo, a quella che è la crisi economica generalizzata del paese. Non fosse altro che a garanzia della pace sociale. Prevenire i mali piuttosto che curare il malato, quando ormai il suo malanno si è fatto irreversibile, sappiamo tutti che è intelligenza del sanitario competente. Seguendo le news che ci arrivano dall’Africa, via web, non possiamo dire di ignorare i tanti drammatici problemi di politica interna, che vivono nel presente parecchie nazioni africane. Inoltre c’è la patata bollente della Siria, che fa temere una “terza” guerra mondiale e c’è da tenere a mente che cos’è , oggi , la “questione mediorientale nel suo insieme (fondamentalismo islamico a oltranza e in più lotta acerrima e infinita tra israeliani e palestinesi), la quale “questione”, checché si dica, non consente affatto sonni tranquilli all’Europa. Specie all’Europa mediterranea. Un’ Europa che, come l’Italia, è tutta, che le piaccia o meno, bisognosa di importanti riforme istituzionali interne, nei singoli stati, e che se la deve vedere con le prossime elezioni tedesche, sperando di riuscire ad essere sempre meno germanocentrica. Essendo al momento gli immigrati da noi, rispetto al passato, un numero piuttosto consistente di persone (uomini, donne, bambini) e ,per giunta, con una buona percentuale di lungo-residenti ( esclusi ovviamente gli irregolari per i quali occorre provvedere, legislazione alla mano e accordi con il Paese di provenienza, al rimpatrio volontario) necessita da noi , senza esitazione, il rinnovo degli strumenti di governo del fenomeno. E’ limitativo e,spesso infruttuoso nei risultati,infatti, basare gli ingressi sulla sola richiesta del datore di lavoro (impresa o famiglia). Probabilmente con la reintroduzione del permesso di soggiorno inteso come ricerca di lavoro ma su garanzie probanti, le cose potrebbero andare meglio. E meglio ancora sarebbe il trasformare i permessi di studio attuali in permessi di ricerca di lavoro. Un compito,questo delle funzioni e competenze in merito, di cui potrebbero farsi carico gli enti locali come, ad esempio, i comuni. E,soprattutto, per cercare di alleggerire l’impegno delle forze di polizia da destinare, semmai, ad altrettanti importanti, utili quanto differenti compiti. Caduta nel dimenticatoio, per di più, la programmazione triennale dei flussi migratori,prevista dalla Turco-Napolitano, rimasta in piedi la Bossi-Fini con tutta la gragnuola dei suoi “buchi”, si potrebbe pensare magari ad un’agenzia indipendente, i cui membri sarebbero designati dalla presidenza del Consiglio e approvati dalle commissioni parlamentari , quelle competenti in materia, per dare al Governo in carica le linee guida per programmare flussi e monitorare poi, a modo di consuntivo, a posteriori, l’efficacia delle politiche medesime messe in atto nel periodo stabilito.// (m.m.)