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sabato 29 settembre 2012

DIRITTO AL CIBO / MAMADOU CISSOKHO/UN CONTADINO MOLTO SPECIALE E UN PROBLEMA ATTUALISSIMO






L’immagine giovanile che compare sulla copertina del libro “Dieu n’est pas un paysan”, un testo mirato e molto coinvolgente  ,pubblicato alcuni anni fa (2009) da “Presence Africaine”, è quella di un maestro africano che, un bel giorno, per scelta intelligente, decide di fare il contadino.

Istruire la gente-egli pensa a un certo punto del suo percorso d’insegnante – è molto importante. Ma metterli in condizione di non far più brontolare i loro stomaci – ripete a se stesso - lo è, e forse, molto di più.

E così Mamadou Cissokho cambia vita.

Egli osservava quasi sempre, quando era un maestro, rassegnazione e apatia, una specie di “non risposta” negli occhi dei genitori dei suoi alunni all’input dell’istruzione,che avrebbe dovuto essere garanzia di futuro per i loro figli, quando cercava, appunto, di veicolarlo.

Si trattava, infatti,di uomini e donne di villaggi rurali (siamo in Africa occidentale e precisamente in Senegal), di contadini, niente più o niente meno, oberati di debiti, che partivano già indebitati ogni nuovo anno di lavoro nei campi e, per giunta, con l’esito incerto.

Condividendo con altri gli stessi interrogativi, che egli si poneva, cioè il “perché” di tutto questo e, soprattutto, “come risolvere”, Mamadou mette in piedi, nel lontano 1977, un’associazione di contadini e per i contadini.

I piccoli contadini. Quelli che hanno un loro appezzamento di terreno per la propria sussistenza.

Un passo dietro l’altro, giorno dopo giorno, anno dopo anno, l’associazione cresce.

A livello locale prima, poi regionale, fino ad essere divenuto ,oggi, il famoso “Roppa”, movimento contadino alter-mondiale (www.roppa.info).

Un movimento che ha l’obiettivo di dare competenze e, quindi, di formare i “piccoli agricoltori” e metterli in condizione così di essere competitivi e appagati del loro impegno con la “terra”.

Oggi Mamadou Cissokho ha barba e capelli bianchi ed è un imponente signore che, con molta saggezza africana, si fa ascoltare nei contesti deputati come, ad esempio, possono essere le assemblee della Fao. E dove già, nel 1989, a Roma, a giusta ragione la voce grossa, ne aveva contestato la complicità con i governi africani e le multinazionali dell’agro-alimentare occidentali contro i contadini poveri e indifesi.

Il Roppa, perché se ne abbia un’idea, è qualcosa di paragonabile a “La Via Campesina “ per i Paesi latino-americani.


             a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

giovedì 27 settembre 2012

"TAZZINA DI CAFFE' "/ SPAZIO POESIA


   





 
E’ l’alba.

Poca luce filtra dalle imposte

semichiuse insieme al profumo

agro del nostro mare.

Mentre il vociare dei pescatori all’opera

irrompe da padrone nella stanza al buio.

Ti cerco. Mi cerchi.

Ti sento venire dentro di me

E il languore è quella droga dei sensi

che squarcia insieme pareti e soffitto

e conduce per percorsi sempre ignoti.

Il tempo è tutto nostro.

Non abbiamo più paura di volare.

Poi una risata bambinesca e due macchie

di caffè sul candore del lenzuolo

che pare si facciano compagnia.

Si è fatto giorno.

Si riparte.

La città chiama.

       
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

domenica 16 settembre 2012

"TEMPO CONTEMPLATO " /SPAZIO POESIA







Albe e tramonti che si susseguono
Ritmo indefinito di un adagio
Luce radente che illumini la stanza
Rumori di passi nella casa antica
Mistero che è frutto d’amore. (M.M.)


sabato 15 settembre 2012

"OCEANO MARE" / SPAZIO POESIA







Mare/ sabbia/ ombre confuse
Chiglia sommersa/ natante
Grandezza libera del sogno
Innocenza nemica dei ricordi
Echi senza voce di addii
Un gocciolo di pianto.
Dialogo muto.

Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

BUSINESS ARMI NEL MONDO / DIAMO I NUMERI





Dopo il fallimento dei negoziati della scorsa estate, per regolamentare il commercio delle armi nel mondo (2-27 luglio), presso la sede dell’Onu, a New York, e nell’attesa autunnale della ripresa, comunque scettica,del dibattito ecco alcune cifre per rifletterci su a mo’ di post it .
Il mercato delle armi, di cui la stessa Unione Europea (UE) riconosce l’importanza in termini di occupazione, e quindi di posti di lavoro certi e di crescita economica, sul giro internazionale conta 875 milioni di pezzi in circolazione di armi leggere, prodotti da circa un migliaio di aziende e in 100 Paesi del mondo. E con un fatturato che oscilla tra i 60 e i 70 miliardi di euro.
Con cifre del genere, per altro, si risolverebbero parecchie crisi in corso nel nostro pianeta.
Ogni anno si producono nel mondo 12 miliardi di pallottole.
La spesa militare complessiva, secondo il Sipri, è di 1740 miliardi di dollari, pari al 2,5% del prodotto interno lordo globale.
Capperi!!! Proprio bei soldoni!!!!
Responsabili del fallimento del Trattato dello scorso luglio, a New York, in primis Stati Uniti, seguiti a ruota da Russia e Cina, le quali con Germania, Francia e Regno Unito , producono circa il 74% degli ordigni bellici in circolazione.
L’Italia poi, solita “furbetta”, che si è dichiarata impegnata a rafforzare il sistema internazionale di protezione dei diritti umani e quindi le norme concernenti il diritto internazionale umanitario, ha chiesto che nel Trattato fossero inserite soltanto le armi leggere militari, lasciando fuori piuttosto quelle ad uso civile (lobby dei cacciatori).
Molto spesso, però, sappiamo bene che proprio queste stesse armi leggere, anche di fabbricazione italiana, finiscono con l’essere nelle più disparate aree di crisi (leggi lì dove si fa la guerra).
Concludendo,a proposito di armi leggere e di quello che consente al comune cittadino la Costituzione Usa, se il primato di strage di persone inermi per gli Stati Uniti è, proprio grazie al possesso di queste armi, di 162.767 mila individui,in Italia le vittime sono 6.311mila.
Cifre destinate senz’altro a crescere, perché i dati, di cui sopra, si riferiscono agli anni 2001-2010.




a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)



giovedì 13 settembre 2012

PAROLE CHIARE E (FORSE )CHIARIFICATRICI / IN MARGINE AI FATTI DI LIBIA








E' in margine ai gravissimi fatti di Libia (morte e sangue), fatti che per efferatezza premeditata si commentano tragicamente da sé e, andando subito oltre ogni ideologismo o deleterio fanatismo religioso di maniera,che io plaudo alle parole del presidente americano Obama (qualcuno ironicamente potrebbe probabilmente dirmi che è facile farlo circostanze come queste) che io sottolineo, semmai, con lui e insieme a lui l’importanza della comunione delle differenze religiose per la pace.
Senza dialogo e senza intesa(e non sono certo io a dirlo) non può esserci pace alcuna. Il dialogo è l’unico ponte possibile per andare incontro all’altro, incontro alla sua umanità.
Tendenziosamente si legge di questi tempi, sempre più spesso e da più parti, che il cristianesimo non solo non ha o non dovrebbe avere più posto nella società post-moderna, super-tecnologizzata, trionfo indiscusso e indiscutibile della scienza-totem, per la quale “Dio non è” e che l’uomo, protagonista assoluto sulla scena del teatro-mondo, pago della sua “apparente” libertà, è capace ormai di ogni progresso senza nessun ricorso ad altro se non a se stesso.
Ma, addirittura, s’insinua che il cristianesimo istigherebbe al male (e lo avrebbe fatto naturalmente sopratutto anche in passato) nel momento in cui pretenderebbe o avrebbe preteso d’essere l’unica e/o la migliore delle religioni possibili al mondo.
Le crociate in Terra Santa, per esempio. Esse sono il classico coniglio, che fuoriesce dal cilindro del “prestigiatore”.
Ma leggiamo attentamente cosa scrive piuttosto Michel de Certeau (1925-1986) e ricordiamo magari lo spirito di Assisi.
Gesuita, storico e filosofo francese e anche di notevole spessore culturale, egli evidenzia,a chiare lettere un concetto che noi tutti dovremmo tenere bene in mente e a partire, possibilmente ,da subito.
L’esperienza cristiana rifiuta –dice de Certeau – la riduzione alla legge del gruppo (i cristiani non sono e non sono mai stati una setta) e questo significa dinamismo in progress. Ricerca di orizzonti ampi e mai di spazi angusti o di un’identità definita una volta per tutte. E il dinamismo è assicurato – egli continua – proprio dalla venuta dello straniero,cioè da una solidarietà che è sempre articolata al rispetto della differenza.
E, se nascessero dubbi in merito, come è anche giusto che possa essere, si può sempre leggere o a rileggere del “nostro” “L’Etranger ou l’union dans la différence,Paris, 1969)”.
Queste cose , scritte da un prete,che non era certo un curato di campagna (con tutto il rispetto per i curati di campagna spessissimo esemplari quanto indispensabili nel loro “servizio”) si leggevano tanti anni fa, nel clima post-conciliare del Vaticano II e ai tempi della famosa contestazione studentesca.
Le stesse si ripropongono , in tutta la loro attualità, in un mondo con troppe ferite che, per la complessità del “garbuglio” in cui è avviluppato, ne ha più bisogno oggi di allora.

Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


Il dipinto, a corredo del testo, è del pittore spagnolo Joseph Segui Rico

mercoledì 12 settembre 2012

"MARE" /SPAZIO POESIA





Mare

La tua furia tempestosa a me che osservo
è memoria di quel passato di quando lei,
abito rosa, calzine corte e trecce lunghe,
ancora adolescente monta frettolosa su per
le scale dell’ essere e, plasmatasi nelle forme acerbe,
progetta testarda, con irruenza, la condizione futura.
Quella stessa, le forme definite poi, da donna matura,
comprende il limite e abilmente schiva il riflusso.
Pure se, a tratti, annaspa tra flutti non proprio sodali.
La prima ruga e un primo capello bianco non acquietano
di certo, né subito, l’ansia di una ricerca inappagata.
E, stanca ma non doma, lei non ne fa mistero agli altri.
Ingenua(?) ricerca di sé che stenta a connotarsi.

                                                                    di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


                                 L'immagine a corredo del testo è della pittrice portoghese Madalena Macedo







venerdì 7 settembre 2012

LA DIFFERENZA CRISTIANA /READING DA ENZO BIANCHI PRIORE DELLA COMUNITA' DI BOSE






La laicità come spazio etico in cui tutte le religioni possono essere capite e rispettate.



L'ascolto dello straniero come premessa per immaginare la Pace.

Solo così egli cesserà di sentirsi un estraneo.



Ma costruire un mondo differente da quello della sorda intolleranza richiede un lungo cammino.



Perciò è necessario partire ora. Subito.



Basta indugiare o sarà troppo tardi e il "prezzo" molto alto in termini di umanità.






(ndr.) In margine ai fatti odierni di Lampedusa e non solo.






a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

martedì 4 settembre 2012

PER RICORDARE CARLO MARIA MARTINI /READING DAL CORRIERE DELLA SERA









Intervista del cardinal Carlo Maria Martini, a cura di Georg Sporschill e Federica Radice Fossati Confalonieri, sul “Corriere della Sera” del 1 settembre 2012: «Chiesa indietro di 200 anni. Perché non si scuote, perché abbiamo paura?».

Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in Conversazioni notturne a Gerusalemme, e Federica Radice hanno incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo».

Come vede lei la situazione della Chiesa?
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burcratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (…) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».Chi può aiutare la Chiesa oggi?
«Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media?
Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti.
Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezzedella vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?».

Lei cosa fa personalmente?
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

domenica 2 settembre 2012

MOMENTI DI MEMORIA /SPAZIO POESIA







Attimi che ritornano in uno sguardo altrui
di altro tempo e di altro mondo.
Occhi attenti, cuore compassionevole,
parola pronta e capace di cogliere la sfida
perché scolpita nella carne che ne porta i segni.
E mai timore alcuno di andare se c’è
da prendere di petto il mondo
Oggi ti dicono di falchi e ieri erano i padroni ma il
motivetto canticchiato in sordina è lo stesso e
la lotta è la medesima
Richiede forza.
In mezzo a un mucchio di macerie
io ti guardo marciare con fierezza e m’illumino .
Ti riconosco sotto il grigio rado dei capelli
e qualche ruga in più.
Pare ieri, compagno di lotta.
E ti amo.

Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

"MISTERO" /SPAZIO SPIRITUALITA'







Nel cuore stesso dei grandi tormenti e delle peggiori violenze, che l’umanità, ieri e oggi, ha provocato e tuttora è in grado di provocare, ha alimentato e continua ad alimentare , è arrivato e arriva sempre quel momento”specialissimo” che, inattesi,come dal nulla, spuntano i semi della compassione, della comprensione, dell’altruismo.
E’ il mistero del cuore umano e della grandezza della creazione insieme, che non è certo opera degli umani.
Mistero insondabile, che stupisce, che confonde. Che non ha spiegazioni logiche.
Nel “Quinto Evangelio” di Mario Pomilio, lo scrittore napoletano ebbe il coraggio , integrando le parole della Scrittura con frasi proprie e altre tratte da testi non sinottici , di far dire a Gesù :“ Sarete senza legge ma non senza di me”.
Chi è disposto ad ammettere il“mistero” per eccellenza, e lo fa con onestà intellettuale, sa che esso è dipendenza e felicità a un tempo e anche apprensione e sofferenza senza scampo.
E non teme affatto l’uscita da se stesso.
Il premio, infatti, egli sa bene che sarà il centuplo.

Di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


Il dipinto a corredo del testo è del pittore spagnolo Joseph Segui Rico

READING da "SULL' AMORE" DI MARIE DOMINIQUE PHILIPPE - CITTA' NUOVA EDITRICE







“Perché appaia la libertà, dobbiamo trovare la nostra finalità in un amore spirituale e all’interno di esso. Occorre in effetti amare profondamente un bene spirituale per arrivare a comprendere che vi è in noi qualcosa di assoluto .Partendo dall’amore spirituale che ci lega a questo assoluto, diveniamo capaci di giudicare le cose secondarie. Fintantoché non amiamo questo assoluto e non lo conosciamo, il secondario s’impone a noi .Prendiamo, ad esempio, il mito della caverna in Platone. Finché restiamo nella caverna, finché non ne siamo usciti, viviamo nelle apparenze; le apparenze, allora, s’impongono a noi in modo necessario. Appena abbiamo scoperto un “oltre” dalle apparenze, appena abbiamo capito qualcosa dall’interno e abbiamo un legame più profondo con un bene che consideriamo come il nostro bene, una persona che amiamo, in quel momento nasce in noi come un assoluto l’amore spirituale, alla luce del quale possiamo giudicare le cose secondarie.”.


Un testo, questo di Marie Dominique Philippe, frate domenicano che, riscrivendo la storia della filosofia non esclusivamente intesa come ricerca della verità ma piuttosto quale prospettiva d’amore, legge nella cultura con la”C” maiuscola la contemplazione dell’Assoluto.






a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)