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lunedì 31 dicembre 2012

L'AFRICA E IL MONDO CHE VOGLIAMO / UTOPIA POSSIBILE ?




Appellandoci alla testimonianza di un’autentica vita di lotta, come è stata quella di Nelson Rolihlahla Mandela, e al suo costante messaggio di fiducia per il buon esito, privo di ogni ambiguità proprio per il “prezzo pagato” sulla sua stessa pelle, la poetessa eritrea Elisa Kidané dalle colonne del mensile “Nigrizia”,che ha dedicato appunto l’ultimo numero del 2012 a “Madiba”, ci ricorda che tutti dobbiamo continuare a coltivare la speranza di un’Africa libera e padrona di sé senza minimizzare tuttavia, con eccessivo semplicismo, sulle difficoltà che il cammino, comunque, comporterà.


La vita di Mandela - scrive la Kidané - rivolgendosi agli uomini e alle donne d’Africa con il suo stile, il suo coraggio, la sua determinazione è qui di fronte a noi per dirci che ce la faremo.

E questo nonostante le immense ricchezze che continuano a rendere l’Africa, per assurdo, una terra povera, ostaggio di governanti ingordi e tiranni e delle infide multinazionali loro complici.

La lezione di Mandela per la poetessa eritrea e anche per “noi”, in un mondo che rischia, nel nome di inconfessabili egoismi, di dimenticare la parola “PACE”, si deve riassumere nel significato e nel significante di questo breve enunciato dove è detto, a chiare lettere, che nessuno può renderti schiavo se non sei tu che glielo permetti.

Questo significa, senza enfasi e con grinta, non arrendersi mai e lottare per una società autenticamente libera e democratica quali che siano le circostanze che l’esistenza ci pone innanzi.

Una lotta “mai paga”.

E il discorso vale per uomini e donne di ogni provenienza,di ogni cultura, di ogni lingua  e di ogni civiltà, che abitano il nostro Pianeta. Non solo Africa.

Auguri AFRICA. Auguri Madiba. Auguri Uomini e Donne di Buona Volontà tutti.



        SERENO 2013 AMICI DI JAMBO AFRICA !

                           GRAZIE.
  

                Marianna Micheluzzi ( Ukundimana )

domenica 30 dicembre 2012

IL FUTURO DIPENDE DA NOI / MANDELA DOCET






"Laddove globalizzazione significa che i ricchi e i potenti ora hanno nuovi mezzi per arricchirsi ulteriormente e diventare  più forti a spese dei più poveri e deboli, abbiamo la responsabilità di protestare nel nome della libertà universale". (Nelson Mandela)

         a cura di Ukundimana

sabato 29 dicembre 2012

FELA KUTI " LOTTA CONTINUA !"-STAMPA ALTERNATIVA EDITRICE / IL LIBRO DEL WEEK-END






La vita di Fela Kuti ,grande musicista nigeriano, è stata a tutti gli effetti proprio una “lotta continua” contro le dittature del suo Paese (la Nigeria) e contro ogni forma di autoritarismo, bianco o nero che fosse.

Ha pagato, per forza di cose, un prezzo molto alto per le sue idee (attacchi, distruzioni, carcere…) ma l’orgoglio di uomo ha fatto sì che non ci fosse mai né cedimento, né arrendevolezza alcuna.
Semmai l’esatto contrario.

Il resoconto della sua vita narrato con agile “scrittura “ da Mabinouri Kayode Idowu è appunto il ritratto del grande musicista e di un militante nero non esente da contraddizioni ma anche dotato di una forte potenza trascinatrice. Quella che è stata e rimane nel tempo il suo carisma personale

Quasi “la storia di un’Africa in cerca d’identità e di pace”.

Un libro che ci terrà sicuramente desti dalla prima all’ultima pagina.


   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

giovedì 27 dicembre 2012

"HO INCONTRATO LE FATE" / NON SOLO AFRICA






Non è facile, dovete sapere, entrare nel mondo delle fate perché esse, ahimé, sono creature molto particolari.

Io direi piuttosto capricciose e suscettibili.

Bellissime e amabili allo spasimo certamente ma altrettanto dispettose e birichine in certe altre occasioni .

Se però , per caso, te lo consentono o per improvvisa simpatia, o perché in quel momento sono in preda ad una terribile disattenzione, bisogna sapere in partenza d’ essere disponibile a tutto.

Ma proprio a tutto.

Seguirle cioè nei loro desiderata è dimenticare innanzitutto chi siamo. In poche parole lasciarsi coinvolgere.

Essere pronti, allora, a inerpicarsi in luoghi impervi e misteriosi come i rifugi montani sulle alture o le grotte sotterranee,dove custodiscono i loro segreti più segretissimi.

Ritrovarsi a intrecciare danze assieme a loro sulle superfici di laghi o fiumi cristallini ai confini del mondo conosciuto

Attraversare mari , oceani e anche deserti infuocati a dorso di cammello.

Sedersi a dialogare con elfi, gnomi e nani intorno ad un fuoco improvvisato in foresta.

Magari a notte fonda.

E questo può verificarsi, specie nelle magiche notti invernali, a Kaysersberg(Alsazia) tra Natale, Capodanno e l’Epifania.

Come ?

Perdendosi, in quei giorni, tra le sue mille stradine illuminate da lanterne magiche,ascoltando melodie coinvolgenti di un mozartiano pifferaio e seguendo gli equilibrismi di artisti di strada pronti a raccontare mille e una storia… tra profumi di zenzero e cannella e ogni altra spezia che si perdono nell’aria che sta per imbrunire.
 


                 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

     
              


mercoledì 26 dicembre 2012

"CANTO PER AZANIA" di N.MOLEBATSI / SPOKEN WORD POETRY








Canto per Azania*



C’è chi dice che non ci credo, ma non è vero.

Io credo in te mia Azania.

Tu sei la terra da dove vengo, mi hai elevata.

Sei l’universo che guida ogni mio pensiero.

Anch’io ti porto con me, nel mio cuore.

Mi siedo e sprofondo nelle mie riflessioni, con te, in me, accanto a me.



Ascolto il tuo canto e le tue memorie

Mentre loro danzano come un sogno nella mia mente.

E ti ringrazio per la visione, memoria, immaginazione…



Canterò solo per te, se porterai con te queste canzoni.

Portami con loro, e sediamo assieme

E respiriamo, respiriamo, respiriamo.



Aliti di Vita dentro i nostri involucri.

Ululati, balli, canti, per i nostri involucri spezzati

Le cui polveri fini, brillanti cospargono il nostro cammino.



Natalia Molebatsi (poetessa sudafricana)



*Azania è il termine arabo o persiano con cui venivano indicate le popolazioni dalla pelle nera fin dai tempi di Plinio il vecchio, così come risulta da alcuni documenti dell’epoca ,che sono stati ritrovati.

Era riferito in particolare agli abitanti dell’attuale “Corno d’Africa”, in particolare a quelli dell’area dell’attuale Somalia.

E’ stato in seguito adoperato anche in Sudafrica ma non era nient’affatto gradito dagli aderenti all’African National Congress (ANC) in quanto, in rapporto al suo significato, era una connotazione secondo loro, del partito politico, sempre di colore, ma loro avversario.

                a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

lunedì 24 dicembre 2012

"LA LUNA E LA LEPRE" / RACCONTO DI NATALE






Tanto tempo fa, quando tutto al mondo era mitico, la luna chiama la lepre e le dice : - Sai che io muoio e che rinasco ogni quattro settimane ?

E la lepre alla luna : -Certamente che lo so.

Io ti osservo sempre-aggiunge- e anche molto attentamente. E non mi sfugge proprio nulla di te.

La luna, allora, a lei : - Fammi un favore, cara amica. Vai in fretta dagli umani e racconta loro che, come io muoio e poi rinasco, così accadrà anche per loro .Perciò che non abbiano affatto a temere la morte corporale.

Scappo rapida- replica la lepre - con il suo fare all’apparenza sempre piuttosto servizievole.

E ancora : - Il tuo messaggio sarà recapitato in un baleno. Stai pure tranquilla. Dormi su sette guanciali.

Ma, ahimè, le cose andarono un po’ diversamente.

La lepre, che era forse un po’ smemorata o un po’ furbacchiona o addirittura cattivella (non lo sappiamo con certezza), dice agli uomini e alle donne, che incontra sul suo cammino, esattamente il contrario di ciò che le ha raccomandato la luna.

Così, giorno dopo giorno, gli umani, vissuto il proprio tempo nel mondo abitato, principiano a morire.

La luna che, nel mentre, dall’alto della sua confortevole e luminosa dimora ha visto tutto e tutto vede, meravigliata e infastidita per la disobbedienza, convoca la lepre e le domanda spiegazioni di ciò che sta accadendo.

E la lepre è costretta, gioco forza, a confessare il “pasticcio” che aveva messo in atto.

La luna, allora, sentendosi presa in giro, armata di un grosso bastone, insegue come una furia inafferrabile la lepre per colpirla.

E, infatti, la colpisce rabbiosa e con tutte le sue forze sul muso, che da quel momento in poi si presenta, appunto, proprio come noi, oggi, lo conosciamo.

E per gli umani, da quell’istante e anche qualche tempo prima, nessuna possibilità più di scampare alla morte.

La luna invece, più fortunata, continua indifferente il suo ciclo eterno ma non può più soccorrere né uomini, né donne, né bambini, né anziani..

             a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

LA POESIA DEGLI ALTRI /"CANDELE "/C. KAVAFIS






Stanno i giorni futuri innanzi a noi

come una fila di candele accese

dorate, calde e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,

penosa riga di …candele spente

Fredde,disfatte, e storte.

    a cura di Marianna Micheluzzi  (Ukundimana)

domenica 23 dicembre 2012

MESTIERE DI "ANDARE" / SPAZIO POESIA






Mestiere di Vento.

Mestiere di Pioggia.

Mestiere di Neve.

Mestiere di Sole.

Pur nelle contraddizioni

doni senso all’esserci.

Sei carezza e conforto.

Sei parola e silenzi.

Sei gioia e sei pianto.

Sei l’icona del Figlio

e figlio/a  di Madre

e compagno/a  del pellegrino.

Giustizia e pace guidino

sempre i tuoi passi

e la speranza ti sia sorella.

            di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

venerdì 21 dicembre 2012

RICORDI DI UN ANGELO SPORCO DI HENNING MANKELL (MARSILIO EDITORE) /READING






José Paulo viveva con la famiglia di sua sorella nell’Africa Hotel a Beira.Una volta, in un tempo che adesso sembrava lontano e incomprensibile, era considerato l’albergo più signorile dell’Africa coloniale. Veniva paragonato al Victoria Falls Hotel, al confine fra la Rhodesia settentrionale e la Rhodesia meridionale, come i due paesi venivano chiamati prima di ottenere l’indipendenza e diventare rispettivamente Zambia e Zimbabwe.

I bianchi venivano all’ Africa Hotel da luoghi lontani per sposarsi, festeggiare o per dimostrare che appartenevano a un’aristocrazia che non credeva che il proprio paradiso coloniale potesse dissolversi. La domenica pomeriggio, nell’albergo venivano organizzati tè danzanti, gare di swing e tango, e in molti si facevano fotografare davanti alla sua grande entrata.

Ma il sogno del paradiso coloniale era destinato a dissolversi. Un giorno i portoghesi lasciarono le loro ultime roccaforti. Dopo che i vecchi proprietari se ne furono andati, iniziò anche il degrado dell’Africa Hotel. Le stanze e le suite abbandonate furono occupate da africani poveri. Conservavano le loro poche cose nei pianoforti svuotati, nelle vasche da bagno, nei boudoir. I listelli di legno degli splendidi parquet venivano divelti e bruciati nei giorni più freddi dell’inverno.

Alla fine, erano diverse migliaia le persone che vivevano in quello che un tempo era stato l’Africa Hotel. - (pag. 10)


            a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

giovedì 20 dicembre 2012

LE CLOCHARD DE RUE CHALIGNY /SPAZIO POESIA






Ti rialzi e ricadi

quasi fantoccio

nella neve farinosa

del gelido inverno.

Eppure resti “uomo”.

Sei corpo.

Sei carne.

Sei nervi.

Sei cuore.

Sei sogni.

Le mani intorpidite.

I piedi congelati.

E un probabile sorriso

smarrito sulle labbra

che diresti smorfia.

Cerchi un giaciglio.

per poggiare il capo

quando dalla folla

che ti passa accanto

improvvisa giunge

una voce fuori campo

che diretta grida

forse anche per te :

“Dominus tecum”.

E la stella “birichina”

lassù in alto

lontana e vicina

ti fa l’occhiolino.

Intensità gioiosa.


    di Marianna Micheluzzi




    
 In alto l'immagine di "L'homme qui marche" dello scultore Giacometti.
















mercoledì 19 dicembre 2012

"FUGA DAL MATTATOIO " /SPAZIO POESIA






Nella notte nera come pece

spettatrici le pallide stelle

colonne di fumo e fiamme irsute

cingono all’improvviso

fuggiaschi impauriti.



Calpestii sul terreno

e rosso sangue d’intorno.

Tanfo di cadaveri nell’aria secca.

che toglie e respiro, e casa, e patria.

Urla e pianti indistinti.

Negli occhi sguardi di terrore.

Corse scomposte.

Piedi feriti.

Abiti laceri.

Preghiere urlate

e suppliche non ascoltate.



Machete e mitra e quant’altro

che fanno lo sporco lavoro.

E la pietas non abita più qui.

Odio che paralizza la mente

che rende confusi e impotenti

e mette in scena la solita e becera

pièce tragicomica figlia di un odio

veicolato i cui attori sono solo

i poveri “ cristi” dalla pelle nera.



Mattatoio Africa..

La “Storia” si ripete.



Ed è sconfitta.





di Marianna Micheluzzi


L'immagine in alto,a corredo del testo, "Donna etiope con bambino", è del grande fotografo S.Salgado

sabato 15 dicembre 2012




LES COULEURS DE L’INCONSCIENT MIROIR DU MONDE

La peinture de Joseph Segui Rico, artiste alcoiano contemporain, né dans la ville de Valencia, qui, dans ses derniers temps a commencé à exposer aussi en France, a une variété qui part essentiellement de la monochromie à la diachronie ne dédaignant pas parfois l’utilisation de quelques figures dans l’ensemble visuel du tableau, que l’on perçoit à peine, seulement avec un œil attentif à travers les transparences de l’ensemble de l’œuvre, transparences dues essentiellement à une savante utilisation de la lumière par l’Artiste.

C'est-à-dire, les toiles qui ont comme protagoniste absolu seulement la couleur, presque toujours, ou les couleurs dans ses tonalités différentes.

.Quelquefois une seule couleur s’impose, d’autres fois il y a deux couleurs qui se confondent jusqu’à s’opposer. Et puis encore, voilà apparaître des griffes de couleurs inattendues, on dirait des blessures imprimées sur la toile.

A la différence de Mark Rothko, maître de l’école américaine, dont Joseph Segui a quand même apprit certaines leçons pour la formation artistique pendant sa permanence aux Etats Unis, «notre artiste » ne délimite jamais son œuvre. Il ne réalise pas de rectangles ou de carrés bien définis. Il n’y a pas de géométrie. Il donne au contraire, un grand espace aux couleurs.

Les mêmes parfois se présentent en forme de grosses boules. La dureté de vivre, le drame de l’existence. Hier et aujourd’hui, Naissance et mort. Temps de guerre et temps de paix. Richesse et pauvreté. Illustrations conceptuelles complexes. Ce n’est donc pas l’absence complète de l’objet comme dans la peinture de Malevich , le peintre russe, qui au début du siècle avait décrété avec son manifeste la « fin de la peinture » et la naissance du «suprématisme », quelque chose de nouveau et de différent qui mérite toute l’attention de la critique.

Et voilà la nouvelle expression dans le monde de l’Art. Un laboratoire, celui de Segui, qui continue à être à la recherche dont il n’est jamais satisfait.





Les couleurs préférées sont le rouge et le noir. Amour et mort. La roulette de la vie. Mais aussi le mauve ( mélancolique), le bleu ( l’envie de s’évader), le vert (désir de paix-contemplation-amour de la nature, et puis le blanc, limité, que l’on peut lire comme une porte de sortie devant le cauchemar de l’éternel présent. Une mise entre parenthèse du sujet, agent de mémoire.

La mesure de l’utilisation des différentes couleurs dans le projet de l’artiste, en substance « l’histoire ».

Histoire même qu’il raconte et que nous sommes invités à lire. La lecture des couleurs dans l’ensemble de la structure du tableau, à chaque fois est une histoire différente, alternative à la précédente.

Histoire personnelle de l’artiste ? Peut-être. Ou peut-être pas. Mais il s’agit surtout de l’histoire de tous les hommes, c'est-à-dire de l’être humain en lui-même , au-delà du temps historique et de la contingence.

Et la peinture de Joseph Segui le raconte remarquablement.

Marianna MICHELUZZI

CRITIQUE D’ART – JOURNALISTE – ITALIENNE

TRADUZIONE DI  ELIANE MICHELUZZI















MOZAMBICO /INSIEME PER RINASCERE






Il Mozambico ha sperimentato, purtroppo e fino agli anni ’90 (lo sappiamo), una guerra civile terribile (Renamo e Frelimo ,mozambicani  fratelli su fronti contrapposti) per poi cessare con le armi e ricostruire per gradi la pace, grazie agli accordi di Roma e, quindi, anche e sopratutto all’impegno indefesso, speso dalla Comunità di Sant’Egidio .

Sono notizie che i più sanno.

Oggi ,tuttavia,i tempi difficili e la crisi che attraversa il pianeta tutto, ha riportato indietro l’orologio per molti mozambicani che si ritrovano, anche senza guerra, a dover sopportare forti ristrettezze tanto in città che in campagna.Tanto a nord quanto a sud del Paese.

Mentre la ricchezza, prodotta oggi in Mozambico dagli investimenti stranieri, prende altre strade.

I Missionari della Consolata di Torino, che da anni affiancano la gente del Mozambico, con lo scopo prioritario di ridare loro fiducia e speranza,e quindi dignità di persona, proprio perché vedono e sanno ,ci domandano solidarietà per questi “nostri” fratelli meno fortunati.

I Missionari della Consolata in Mozambico, con il loro servizio privilegiano, ad esempio, la formazione in quanto sono più che convinti che la consapevolezza dei propri diritti, che nasce dall’istruzione, rende uomini e donne “autentici “ cittadini nei propri contesti e può consentire loro la costruzione di un avvenire vero nel mondo del lavoro manuale e/o delle professioni.

Pertanto sono stati avviati corsi di alfabetizzazione quasi un po’ dovunque, si dà, come è possibile, sostegno agli studenti nelle scuole superiori o all’università, con borse di studio, perché completino il ciclo. Si impiantano anche laboratori di sartoria. Si favoriscono le attività agricole in forme cooperative, praticate magari con mezzi più moderni di quelli di un tempo.

Ecco allora che con soli 10 € di offerta si può garantire ago e filo alle donne (e anche agli uomini) di Lichinga, che praticano l’arte del cucito.

Con 14 € si possono regalare quaderni (oggetto prezioso e costoso in Africa per certe tasche) a chi (bambino ,giovane o adulto) ha voglia di uscire dalle tenebre dell’analfabetismo.

Con 40 € si possono comprare attrezzi agricoli per i progetti in corso a Mecanhelas.

Con 65 € si può garantire lo stipendio mensile a un maestro.

Con 100 € si potrebbe contribuire ad acquistare libri per la biblioteca di Nova Mambone.

E con 1000 €, addirittura, si potrebbe fare dono di un computer alla sala informatica di Liqueleva.



Di rifletterci e di fare, ecco ciò che ci viene chiesto, con molto garbo, dagli amici missionari ,che la povertà l’affiancano ogni giorno e sanno distinguere molto  bene tra superfluo e necessario.

Un gesto che, a ben vedere, è poi alla portata di tutte le nostre tasche se anche per noi la “missione” è  sul serio solidarietà.
Un ipod o un tablet  o una consolle in meno e un aiuto, magari in più a chi ha bisogno.



Per informazioni: www.missioniconsolataonlus.it /progetti@missioniconsolataonlus.it



         a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

giovedì 13 dicembre 2012

"CON DUE PENNE BIRO" /BABA FRANCESCO RACCONTA...






È successo a Kariakoo. Kariakoo è il quartiere-mercato di Dar Es Salaam, Tanzania.

È come “Porta Palazzo” di Torino, moltiplicata per cinque; oppure “Porta Portese” di Roma al triplo; o come il “Grande Bazaar” turco di Istanbul. Ma è tutto molto, molto più effervescente, colorato, caotico, come pure rischioso e (pardon!) meno pulito.

A Kariakoo c’è tutto: dall’ultimissimo modello “iPod” alla sempiterna pentola per la polenta.

Ed è proprio, dopo aver acquistato un pentolone, che incontro lui, mai visto né conosciuto prima. Mi chiede una benedizione speciale.

Incredibile, ma vero, nel cuore tumultuoso di Kariakoo.



Eccomi, dunque, con un ragazzo di 18 anni, slanciato, dallo sguardo timido ma intelligente.

- Padre, io sono Asante (grazie).

- Bravo, Asante! Io ti benedico nel nome…

“Nooo, padre - mi interrompe il ragazzo -. Non me. Benedici…”.

E il giovane solleva le mani con due penne biro. Poiché resto imbambolato con gli occhi stralunati, Asante si affretta a spiegare: “Per favore, padre, benedici queste penne. Domani ho l’esame di maturità e devo scrivere!”.

Incredibile, ma vero, nel marasma di Kariakoo, mentre uno spintone quasi mi travolge.



Sono ancora perplesso. Il pensiero insegue quella santa donna di mia madre, Emma, che ai suoi figli studenti non faceva sconti dicendo: “Io prego perché siate buoni, non per le vostre pagelle scolastiche”.

Risento pure padre Olindo Pasqualetti, esimio professore di latino, che affermava: “Ragazzi, alla vigilia degli esami, bisogna aver già studiato. Non basta più studiare! Oportet studuisse, non studere”...

- Asante, hai studiato per l’esame?

- Sì, padre, ho studiato.

- Allora non aver paura.

- Invece, padre, ho tanta paura, perché... non è possibile studiare bene in Tanzania!

Asante mi sta implorando quasi disperato, con due penne in mano. Prosegue con una punta di rabbia: “Come possiamo studiare in Tanzania, quando non abbiamo nulla? Non abbiamo libri. I professori scrivono qualcosa sulla lavagna, che noi copiamo su un quaderno, se l’abbiamo e se riusciamo a leggere quanto hanno scritto. Quando scriviamo, ci sgomitiamo in tre su un unico banchetto di 80 centimetri per 60, traballante e sgangherato. Parecchi sono in piedi, aspettando che i compagni dell’aula accanto escano, per correre e accaparrarsi uno sgabello. Terminata la lezione, usciamo e andiamo tutti a zonzo nella boscaglia, perché da mesi i cessi della scuola sono crollati... Padre, in questi giorni, per prepararmi all’esame, ho letto tutti gli appunti presi. Ma ci capisco pochissimo. Allora ho pensato di affidare queste penne a Dio onnipotente...”.

È la denuncia di uno studente che, alla vigilia dell’esame, non gli resta che aggrapparsi ad una benedizione speciale. Incredibile, ma vero.



Recita un proverbio swahili: l’istruzione è la luce che fuga le tenebre. Ma, in Tanzania, spesso è solo una lucciola che vaga nella notte. Intanto gli “arrivati”, dai politici agli avvocati, dai generali ai commercianti, sono affamati di potere e denaro, e l’agguantano in tutti i modi.

A prescindere dalle notevoli potenzialità agricole, il Tanzania è pure ricco d’oro, diamanti, uranio, ferro, gas naturale. Il prodotto interno lordo cresce ogni anno del 6 per cento. Scusate se è poco!

Ma come viene investita e distribuita la ricchezza?

Però il cellulare squilla anche nella savana più remota. È forse l’unica estesa... uguaglianza nel paese.

Generalmente chi abita in città (il 25 per cento) sta meglio di chi vive in campagna (75 per cento). Nelle zone rurali le abitazioni di fango sono ancora il 94 per cento, mentre il 96 per cento della popolazione è senza luce elettrica (cfr. The Citizen 10/11/2012). Nei centri urbani le possibilità di istruzioni sono maggiori rispetto ai villaggi. Però incontri tantissimi Asante.

E poi, anche se superassero l’esame, che cosa farebbero? Ma guai a mollare!



La dolce gazzella, che all’alba si stropiccia gli occhi sonnolenti con le zampe, sa che deve correre, correre più veloce del leone, altrimenti... Pure lui, re leone, deve correre più della gazzella, se non vuol morire di fame.

Ed io, in Tanzania, so che devo “arrancare” per scoprire ogni giorno un motivo plausibile per essere missionario. Quale? Anche questo: il tenace attaccamento alla vita della gente, a dispetto di tutto. Inoltre: un soffio di fraternità evangelica, convinto che nemmeno gli uragani più devastanti possono travolgere l’amore (cfr. Cantico 8, 7).

Tuttavia gli scandali incalzano. Di fronte ad essi, il lungimirante profeta Isaia si domandava: chi vince nella vita? Chi cammina nella giustizia e parla con lealtà, chi rifiuta il denaro sporco e i doni ricattatori, chi si tura occhi ed orecchie per non essere tentato da giochi di malaffare (cfr. Isaia 33,15). Incredibile, ma vero, persino 2.800 anni fa.

Otto secoli dopo, durante una notte turgida di stelle come nessuna altra, un angelo contesterà il grande Isaia cantando: “Uomini e donne del mondo, spalancate gli occhi e drizzate le orecchie, perché vi annuncio una gioia unica: oggi è nato per voi il Salvatore. È un bambino che piange in una greppia, avvolto in poveri panni (cfr. Luca 2, 10-13).

E questo, cari amici, è l’evento più incredibile di tutti. Soprattutto più vero.

BUON NATALE, GESÙ.

_____________________________

p. Francesco Bernardi,

missionario della Consolata





P.O. Box 68140 - Boko

Dar Es Salaam

Tanzania



                a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

COMUNICATO LVIA ONG DI VOLONTARIATO E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE




                             / DIO NON ESIGE COMUNITA' PERFETTE  MA VERE./

       
                       a cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

Per informazioni : www.lvia.it  - tel. 0171.696975

"OMBRE" /SPAZIO POESIA






Poche scarne parole.

La ferita della lontananza

stenta a rimarginarsi

e intanto s’approssima

il giorno della festa.



Tra luci e chiacchiericci

di gente frettolosa che va

l’aria raggomitolata

tace dentro di me

come sospesa.



E l’immaginazione intanto

crea ombre seducenti.

Quello che non sei.

Quello che non siamo.

E intanto l’amore graffia

le pareti del tuo eremo.

  
          di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

sabato 8 dicembre 2012

"PRINCIPESSA" /PRO MEMORIA /SPAZIO POESIA








Ha sognato come

accade nelle fiabe.

Ha immaginato

dinamiche possibili.

Le ha pensate.

Ha progettato.

E poi ha capito.





La donna chiede :

“Mi ami”?

Ma l’uomo,quello che

non ha mai conosciuto

carezze, glissa e tace.

Semmai conferma

l’effimero.

Sequela di parole, sì.

Ma parole “non sense”

e, molto presto, “senza traccia”.



Il mondo è un esodo.

Un esodo per tutti.

E “principessa”, oggi, è soltanto

un angelo dalle ali spezzate

che ha sempre letto e

certamente male la realtà.


   di Marianna Micheluzzi

giovedì 6 dicembre 2012

TORINO /UNA MOSTRA FOTOGRAFICA PER BOHICON (BENIN) E NON SOLTANTO






Non lo conoscevo se non quando, incuriosita dalla mostra fotografica in corso, a Torino, nella parrocchia di Santa Croce, ho appreso dell’impegno umanitario di Alpidio Balbo, un commerciante altoatesino di Merano, che ha messo in piedi una Ong,ossia una organizzazione non governativa, che si spende ormai da diversi anni per l’Africa e ha uno stretto legame, appunto, con la nostra città dei “santi sociali”.

Ma procediamo con ordine.

Alpidio Balbo, che oggi ha la bella età di 81 anni, è proprio uno come noi.
 L’unica differenza è che è sempre stato ed è dotato ancora oggi di una volontà ferma e di una grande perseveranza in quanto uomo.
E queste doti della sua persona le ha spese al momento giusto e nel posto giusto,quando ha capito, in una situazione di cui è stato spettatore e occorsagli casualmente, che dinanzi all’ingiustizia e alla sofferenza, non si può stare a guardare senza fare niente.

Tutto, come sappiamo, ha sempre un inizio.

E la nascita del GMM (Gruppo Missionario di Merano) è già in nuce nell’anno 1969,quando Alpidio subisce un grave incidente,che lo trattiene a lungo inattivo nella sua casa e lontano dal proprio lavoro. Ripresosi poi finalmente, nel 1971, gli viene consigliato, dagli amici ma anche dai sanitari, un viaggio in Africa per riacquistare definitivamente la propria salute.

La meta più adatta alle modeste tasche di Alpidio è il Togo,il piccolo Stato dell’Africa occidentale francese, che da poco si è aperto al turismo.

E così avviene.

Alpidio in Togo fa il turista come tutti e si gode per alcuni giorni le sue vacanze in un contesto naturalistico da sogno.
 Ma Alpidio ha anche occhi per guardarsi intorno e un giorno, il 4 marzo 1971 , prima del rientro in Italia e a Merano, decide (ma non c’era alcuna particolare intenzionalità consapevole) di fare visita alla missione di Bohicon, in Benin, confinante con il Togo.

Benin che, allora, si chiamava ancora Dahomey.

A Bohicon verifica con i propri occhi tanto nella piccola missione che nella stessa cittadina tutte le urgenze e le necessità di un contesto estremamente povero.

E, quando a queste urgenze e necessità non c’è risposta, si capitola inevitabilmente e si muore anche.

Infatti, Alpidio, nell’occasione, vede morire due bambini e assiste alla disperazione delle madri e, ancora, viene a sapere dalla suora che gestisce il piccolo dispensario che, se ci fossero stati degli antibiotici, i bimbi probabilmente non sarebbero morti.

Da quel momento in avanti i progetti di vita di Alpidio diventano ben altri dalle comodità e i lussi, che solitamente la gente rincorre nella propria esistenza e, passo dopo passo, giorno dopo giorno, con l’aiuto di altri e molti amici, motivati quanto lui, nasce il Gruppo Missionario di Merano(GMM), un impegno che significa riuscire a garantire salute, istruzione, risposta ai bisogni primari, dignità, giustizia in Benin e non solo.

La mostra torinese “40 anni per l’Africa-La storia di Alpidio Balbo e del Gruppo Missionario di Merano- Un pozzo per la vita” , presso la parrocchia di Santa Croce (piazza Fontanesi), resterà aperta in Torino fino a domenica 9 dicembre.

Ottima opportunità dunque, per i torinesi e non solo, per andare a dare un’occhiata, magari nel tempo libero del week-end.

Un input di conoscenze che potrebbe tradursi per qualcuno, chissà, magari in futuro prossimo, in un’esperienza sul campo.

O non fosse altro anche che per mettere un po’ alle corde il solito “egoismo” ricorrente del “primo” mondo.

Si tratta di visualizzare un percorso espositivo di cinquanta pannelli fotografici, che illustrano per intero il cammino di Alpidio e del suo impegno per l’Africa. Niente tuttavia ,intendiamoci, di celebrativo della persona.

Ingresso libero.

    
        a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

mercoledì 5 dicembre 2012

"L'IMPRONTA DELLA VOLPE " DI MOUSSA KONATE'-DEL VECCHIO-EDITORE / SCAFFALE LIBRI






L’atmosfera è quella del classico “noir” e c’è un caso da risolvere in Mali, nella regione della falesia di Bandiagara , a sud del fiume Niger, territorio del popolo dogon.

Un territorio terribilmente eroso dal sole cocente e dagli altri agenti atmosferici, che sta quasi a simboleggiare quanto sia dura e sofferta la vita degli abitanti del luogo.

Qui, nella cittadina di Pingui, tre ragazzi trovano la morte nell’arco di poche ore e nessuno sembra sapere come e perché il fatto sia accaduto.

Il commissario Habib e l’ispettore Sosso devono, ancora una volta, e non senza poche difficoltà, dipanare da soli la matassa imbrogliata per riuscire a scoprire una probabile verità.

Ciò che emerge in tutta la complessità della scrittura, e che, a suo modo, comunica anche un certo fascino, è proprio il contesto in cui commissario e ispettore indagano.

Si tratta di un mondo che ha tentato da poco la modernizzazione,di cui mostra un certo compiacimento ma che ha ,anche troppo frettolosamente, impiantato il “nuovo” sull’antico.

E cioè ha dato vita a tutta una serie di cambiamenti politici e sociali ,innestati su costumi e modalità che, comunque, fanno a pugni con una modernità nient’affatto metabolizzata dagli abitanti.

Moussa Konaté, specialista in romanzi polizieschi goduriosi è conosciuto maggiormente in Francia che da noi.

       a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

BUNJU (TANZANIA) / "ENENDENI" RICORDA P. LELLO MASSAWE






Era tanzaniano e si chiamava Luca Salutaris Lello Massawe. Però in Italia tutti lo conoscevano semplicemente come Lello...

Uso il verbo al “passato”, perché Lello non c’è più.

È morto il 25 ottobre scorso in Tanzania, annegato in un baleno nell’Oceano Indiano.

Venne ritrovato il giorno dopo, prostrato, fra un cespuglio di mangrovie, con le braccia incrociate sul petto “in atteggiamento di preghiera”: raccontano coloro che rinvennero il corpo. Aveva 51 anni.

Da circa un anno padre Lello era il superiore dei 59 missionari, di vari paesi, che operano in Tanzania. La commozione fu intensa alla sua morte. Ne parlarono con stima ed affetto radio e giornali. Dall’Italia giunsero tre giovani, per fermarsi altrettanti giorni: un giorno per l’eucaristia a Bunju, un altro per il funerale a Tosamaganga (a 520 chilometri di distanza) e il terzo giorno per “guardare attorno”.

La rivista “Enendeni” (Andate) ha riservato a padre Lello la copertina di novembre (vedi foto) e l’articolo interno principale.

Come missionario, operò in Etiopia dal 1993 al 2000, oltre che in Italia dal 2000 al 2005. Un missionario anche coraggioso.

In una intervista pubblicata su Enendeni (dicembre 2011), ricordando i 50 anni di indipendenza del Tanzania raggiunta nel 1961, padre Lello affermava: “Tanzaniani, in questi mesi abbiamo sentito tante volte ripetere ‘Abbiamo avuto il coraggio, siamo stati capaci, ora andiamo avanti’. Queste sono parole politiche, false. Abbiamo avuto il coraggio di fare che cosa? Di sfruttare la gente e di rubare ai poveri. Ecco il coraggio di parecchi. Diciamo la verità: abbiamo avuto l’ardire, in questi 50 anni di indipendenza, di umiliare l’uomo della strada mancando gravemente di giustizia. Oggi il politico non si vanti di ipotetici successi, ma confessi: io ho rubato alla comunità del Tanzania. Poi non si dica ‘siamo andati avanti!’. Con cavolo! I ricchi vanno avanti, mentre i poveri vanno indietro”.

Circa la necessità di continuare l’annuncio del Vangelo in Tanzania, padre Lello diceva : “Amici, non si dica ‘Adesso basta! Il messaggio di Gesù lo conosciamo già’. Macché! Domandiamoci piuttosto: perché nel nostro paese ci sono ancora tanti criminali stregoni? Perché gli albini continuano ad essere tagliati a pezzi? La verità è che tanti tanzaniani vivono come bestie, non come persone. Tanti cattolici, entrati nella politica, sono corrotti. Altro che giustizia evangelica!”.

Il 25 ottobre 2012 padre Lello Massawe celebrò l’Eucaristia a Bunju con altri sei padri, superiori dei missionari della Consolata in Kenya, Etiopia, Congo, Costa d’Avorio, Mozambico, Sudafrica e Gibuti. Tenne loro un brevissimo discorso, dicendo: “Noi sacerdoti dobbiamo essere più credibili nelle parole e nei fatti. Se non lo siamo, siamo ipocriti e le nostri prediche, anche interessanti, sono un insulto...”.

Erano le 7.20 del mattino. Poche ore dopo padre Lello affogava nell’oceano.

Sotto gli occhi ho l’articolo di “Enendeni”, che ho intitolato: “Chi non è suo amico?”.



p. Francesco Bernardi

martedì 4 dicembre 2012

OUAGADOUGOU (BURKINA-FASO) /DIFFICILE TRATTATIVA PER LA PACE IN MALI






Mediatore il presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, per conto della Cedeao-Ecowas ossia della Comunità economica dei Paesi dell’Africa Occidentale, si dovrà discutere a breve, ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, della situazione politica del Mali con i rappresentanti di Bamako e gli uomini appartenenti ai gruppi ribelli, che rivendicano il nord del territorio maliano. E cioè, gli uomini dell’Ansar Al Din e quelli dell’Mnal, i tuareg che agognano la secessione dell’Azawad dal resto del Paese.

Da parte del ministro degli Esteri maliano si è già esplicitato, a chiare lettere, che il Mali resta uno e indiviso e soprattutto laico, senza concessioni di sorta a nessun gruppo ribelle.

Compito di Compaoré, un compito per la verità molto complesso ,è quello di fare presente a chi siederà al tavolo delle trattative non solo l’indivisibilità del Mali ma di cessare immediatamente le ostilità in corso e di non supporre neanche lontanamente d’imporre nel Paese la sharìa ossia la legge islamica.

Ulteriore complicazione o primo intoppo, nei preliminari, è già tuttavia il contrasto esistente tra i tuareg dell’ Mnla e quelli che sono considerati degli autentici terroristi ossia gli uomini di Ansar Al Din. I primi non vogliono sedere allo stesso tavolo di trattative con i secondi.

Non è facile prevedere quali potrebbero essere le conclusioni dell’incontro.

Inoltre resta aperto l’intento dell’Unione Africana, che ha chiesto all’Onu di votare per il sostegno di un intervento militare nel nord del Mali. Intervento che, però, non trova affatto favorevole Ban Ki moon,il Segretario generale delle Nazioni Unite, il quale preferirebbe appunto una soluzione negoziata.

Il timore d’infiltrazioni di matrice terroristica hanno anche spinto Algeria e Tunisia , confinanti con il Mali, a rafforzare la cooperazione bilaterale per quel che riguarda la sicurezza.

   
   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)