“Perché appaia la libertà, dobbiamo trovare la nostra finalità in un amore spirituale e all’interno di esso. Occorre in effetti amare profondamente un bene spirituale per arrivare a comprendere che vi è in noi qualcosa di assoluto .Partendo dall’amore spirituale che ci lega a questo assoluto, diveniamo capaci di giudicare le cose secondarie. Fintantoché non amiamo questo assoluto e non lo conosciamo, il secondario s’impone a noi .Prendiamo, ad esempio, il mito della caverna in Platone. Finché restiamo nella caverna, finché non ne siamo usciti, viviamo nelle apparenze; le apparenze, allora, s’impongono a noi in modo necessario. Appena abbiamo scoperto un “oltre” dalle apparenze, appena abbiamo capito qualcosa dall’interno e abbiamo un legame più profondo con un bene che consideriamo come il nostro bene, una persona che amiamo, in quel momento nasce in noi come un assoluto l’amore spirituale, alla luce del quale possiamo giudicare le cose secondarie.”.
Un testo, questo di Marie Dominique Philippe, frate domenicano che, riscrivendo la storia della filosofia non esclusivamente intesa come ricerca della verità ma piuttosto quale prospettiva d’amore, legge nella cultura con la”C” maiuscola la contemplazione dell’Assoluto.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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