lunedì 12 novembre 2012
GIBUTI /NESSU RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
Dire che Gibuti è un postaccio, è dire niente.
Bisogna esserci, o almeno esserci stati, per capire cosa significhi questa affermazione.
Tra l’altro dal 2004 i missionari della Consolata di Torino, affiancando le suore che li hanno preceduti, hanno provato ad aprire lì una loro missione, nel cuore dell’Africa musulmana, di cui danno notizia in uno dei loro ultimi bollettini.
E di “consolazione” a Gibuti ce n’è proprio un grande bisogno.
Perché l’amicizia fraterna,la comprensione e la condivisione dei problemi, praticate con adeguata e rispettosa discrezione, aiutano. E non solo i cosiddetti “poveri”.
Del resto niente di più si può fare in casa d’ “altri”.
Ma il mio argomento è l’arresto senza regolare processo di un attivista del luogo, tale Hussien Ahmed Farah, giornalista e oppositore del regime, con una detenzione che dura dallo scorso agosto.
A Hussien è stata negata anche la libertà provvisoria e questo, molto probabilmente, in quanto egi è un appartenente al Movimento per il rinnovamento e lo sviluppo democratico del Paese, il cui Osservatorio ne ha denunciato il caso.
Le accuse infamanti,quando non esiste alcun controllo democratico della macchina giudiziaria, si possono costruire ad arte.
Infatti, il “nostro” giornalista è accusato di partecipazione a “movimento insurrezionale” e, soprattutto, di avere utilizzato documenti falsi per propagandare le sue idee contro un sistema politico monolitico.
Il classico “caso”,da parte della Corte Suprema di Gibuti, di quando il bue chiama cornuto l’asino.
Ma il nocciolo della questione, come in tutta l’Africa, sono principalmente i brogli elettorali relativi all’ultima elezione nel Paese.
Essa ha dato per esito scontato, e con ampia maggioranza, la rielezione a presidente di Ismail Omar Guelleh, al potere dal 1999.
Le autorità gibutine, invece, accusano il giornalista di avere denunciato la mancanza di trasparenza nella chiamata alle urne e di averlo fatto,anche negli anni precedenti le stesse elezioni,allo scopo di creare le condizioni, sobillando gli studenti liceali a boicottarle,a scendere in piazza e a contestarle, con violenza, pubblicamente.
Come, se poi, esistesse altro modo, per smascherare e mettere alla gogna un despota mai pago di potere.
Inoltre Hussien non è messo nemmeno in condizioni di ricusare le accuse contro di lui in quanto gli è stata negata assolutissimamente l’assistenza di un legale.
Ora egli continua a trascorrere dalla scorsa estate i suoi giorni nel “triste” carcere di Gabode e le speranze di uscirne sono ridotte, attualmente, al lumicino.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento