venerdì 17 agosto 2012
IL COLORE E' PERSONA / PIU' CHE PERSONA IN ALCUNE CIRCOSTANZE / OMAGGIO ALL' ARTE ASTRATTA
Immaginiamo un piccolo spazio sufficiente ad ospitare un cavalletto da pittore, pennelli, spatole, colori e altri “ferri” del mestiere.
Musica di sottofondo magari , se c’è.
Oppure sopperiscono voci provenienti dalla strada, teatro di vita, cui purtroppo ,oggi giorno, tutti prestiamo quasi sempre meno orecchio.
E’ quanto basta per dare inizio alla “creazione”.
L’importante è che la luce illumini l’ambiente nel modo giusto, nelle differenti ore del giorno.
La luce, com’è noto, è fondamentale.
Colui o colei che si appresta ad animare improvvisamente la tela intonsa è sempre e solo un “tramite”, ricordiamolo bene.
Ma è un tramite geniale.
Traccia, spalma, picchietta, spruzza di getto, squarcia e lo fa con polso fermo e mano sicura.
Da non sottovalutare affatto in questo genere di “mestiere” la mano tanto quanto lo è per il chirurgo.
Nel nostro caso non c’è modello o modella.
E’ il “colore”- ci dice l’artista - la persona o la situazione contestuale da ritrarre.
Se ne può fare a meno - sottolinea.
Una grande sfida, che si ripete.
Ogni volta.
Questo è il “divino” di quell’arte che non ricorre a raffigurazioni iconiche ma che è capace, ugualmente, di esprimere mediante il colore, nelle sue differenti tonalità e in tutte le possibili sfumature esistenti, il cuore pulsante di ciò che è umano.
Terribilmente umano.
Perché l’umano è esistenza che scorre, si modifica, si trasforma, per poi ricominciare, magari sotto altre spoglie, il percorso. E non c’è niente di più autentico del “colore” che, senza enfasi, quasi con tecnica minimalista, è capace d’esprimerla.
Dall’artista alla tela.
Il sole , lo sappiamo, ci consente di leggere i “colori” e con essi gli stati d’animo della persona o del contesto, che si è inteso raffigurare , e quelli che l’artista aveva in mente e quelli che tu, lettore, forse sei capace di decodificare quando hai innanzi a te l’opera compiuta.
Che poi un’opera non è mai compiuta, bisogna precisare.
E il gioco stesso, gioco “amoroso”, che ne fa l’opera aperta e che si rinnova grazie appunto alle capacità di esprimere gioia, dolore, rabbia, ambizione, frustrazioni, serenità, ironia etc… del medium-artista ma, soprattutto, per le intuizioni mirate di chi è in grado di coglierne per intuizione, sensibilità e, soprattutto, bagaglio culturale, il significato e il significante.
Donde nasce poi la cosiddetta “critica”.
Insomma apprezzare l’arte, e non certamente solo quell’astratta, è come vivere un meraviglioso “triangolo” aperto.
E cioè un “rapporto”a tre.
L’artista, l’opera e il fruitore.
Meglio, quest’ultimo, se in possesso di un “qualche” piccolo modesto strumento di lettura che non lo porti, condizionato magari dal solo impatto emotivo, un po’ troppo fuori strada nell'analisi.
di Marianna Micheluzzi
L'immagine del dipinto ,a corredo del testo , è del pittore spagnolo Joseph Segui Rico
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