Un cacciatore che abita con la famiglia nel “nostro” solito villaggio africano, un giorno, mentre munito di arco, freccia, spiedo per la caccia e cane si reca in foresta per la consueta battuta, s’imbatte in un topo muschiato che gli domanda aiuto con insistenza, dicendosi disposto, a suo tempo, con solenne promessa, a contraccambiare.
Il cacciatore, che è scettico in merito, considerando le dimensioni modestissime dell’animale, ed è pure un tantino schizzinoso per la puzza che la bestia emana, non ne vorrebbe proprio sapere.
Ma tanto l’altro insiste che,alla fine, il cacciatore lo solleva con le proprie mani e lo aiuta a passare dall’altra parte del sentiero.
Se così non fosse stato, e cioè senza l’aiuto del cacciatore, qualche animale più grosso e più vorace certamente lo avrebbe ucciso.
Fatta la buona azione, il cacciatore e il topo se ne vanno, com’è normale che sia, ciascuno per la propria strada.
L’indomani, però, il cacciatore ritorna in foresta per cacciare e viene colto di sorpresa da una pioggia terribile in quanto non aveva riflettuto abbastanza, prima di lasciare casa, sulla prossimità ormai improcrastinabile della stagione delle grandi piogge.
Unica soluzione così è ripararsi in una grotta,quella appunto che ha incontrato per puro caso sul suo cammino.
Entra, infatti, nella grotta ma insieme a lui entra nell’anfratto anche un leone piuttosto famelico.
E quest’ultimo, senza troppi complimenti, esplicita al cacciatore l’intenzione di sbranarlo.
Il leone lo avrebbe fatto, tuttavia, solo dopo che il cacciatore, che aveva con sé due galline faraone e il suo cane, avesse dato le galline in pasto al cane, avesse lui stesso mangiato il cane, per poi essere divorato, a sua volta, con tutta calma dal leone, che non intendeva recedere dalle sue cattivissime intenzioni.
E, come se non bastasse, il cacciatore doveva anche enunciare a voce alta, nella grotta, la sequenzialità di queste orribili azioni.
Mentre l’uomo ripete, perché costretto e a voce alta, ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco, il topo muschiato, che era presente nella stessa grotta, proprio quello dell’aiuto ricevuto a suo tempo, attiva i suoi amici.
Sono le termiti, cui dice che facciano eco con tutte le loro forze, ripetendo la medesima frase del cacciatore.
E le termiti, felici e disponibili, ubbidiscono subito.
Il leone, che fuori del suo ambiente, è sempre un tantino fifone, si spaventa da morire.
Anche perché la cosa si ripete più volte.
E, in più , egli proprio non capisce di chi possano essere queste voci.
Allora il cacciatore suggerisce al leone che forse è il caso di andare a cercare aiuto fuori dalla grotta dal momento che non si conosce affatto la provenienza delle “nuove” e misteriose voci.
Il leone si fida e consente all’uomo di uscire per cercare aiuto e soprattutto reperire magari dei pali per puntellare la grotta, che le termiti (anche se il leone non sa che sono loro),prima o poi, con il loro indefesso lavorio, avrebbero fatto crollare.
C’erano già in atto dei cedimenti.
Intanto, fuori, la pioggia continua a venire giù a secchiate da un cielo particolarmente minaccioso.
Appena all’aperto però, pioggia o non pioggia, il cacciatore se la dà a gambe, veloce come un razzo, per raggiungere la propria casa e così mettere in salvo la propria vita.
E pare che ci sia proprio riuscito, se ancora oggi può raccontare questa storia ai suoi nipoti,nelle interminabili serate invernali,accanto ad un allegro fuocherello.
Come l’ha racconta a me e, quindi, anche a voi.
E cioè di come ebbe salva la vita grazie ad un insignificante ma astuto piccolo topo muschiato.
Fabula docet.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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