C’era una volta un’anziana donna che, al suo villaggio, viveva da sola in una misera capanna di paglia e frasche, perché non aveva né marito, né figli, né parenti che potessero in qualche modo aiutarla a tirare avanti il meglio possibile la vita come lo è per tutti.
Così la poverina faceva per interi giorni e settimane la fame in quanto non aveva quasi mai nulla da mangiare.
Un bel giorno dunque, disperata, decise di risolvere il suo problema andando a fare nella fitta boscaglia, ai margini del villaggio, un po’ di legna da rivendere in seguito al mercato.
E così accadde.
Inoltratasi nella intricata vegetazione, ricca per altro d’ogni ben di Dio per il piacere della vista e del gusto, raggiunse un albero rigoglioso e fiorito,che le parve il più adatto al suo scopo.
Stava per cominciare a colpirlo con il suo rudimentale attrezzo da taglio quando la voce dell’albero, il cui nome seppe che era Musiwa, si fece sentire e la paralizzò nel gesto.
Comprensivo del dramma della vecchia, Musiwa però, per avere risparmiata la “sua” di vita, le propose un patto. E cioè di cogliere piuttosto tutti i suoi bei fiori, che si sarebbero trasformati, una volta al villaggio, in tanti figli maschi e figlie femmine, che l’avrebbero collaborata nelle fatiche e aiutata pertanto a sopravvivere con dignità.
L’unica raccomandazione da rispettare assolutamente è- sottolineò l’albero di nome Musiwa- quella di non rimproverare mai, e per nessuna ragione, i suoi giovani e adesso numerosissimi figli.
La donna accettò tutta contenta e se ne tornò alla capanna, dove i fiori in effetti divennero all’improvviso, come appunto per magia, dei robusti giovani e delle belle e laboriose fanciulle.
La vita scorreva oramai serena al villaggio per l’anziana donna in quanto davvero ciascuno faceva i suoi lavori e la sua parte senza bisogno di sollecitazione alcuna.
I maschi dissodavano la terra o andavano a caccia o a pesca mentre le femmine si recavano a prendere l’acqua lontano , si davano da fare a cercare legna per accendere il fuoco. E cucinavano quasi sempre gustose pietanze da leccarsi letteralmente i baffi.
E naturalmente l’anziana donna faceva sempre grande attenzione a non rimproverare nessuno di essi.
E questo anche quando qualche osservazione forse ci sarebbe potuta stare.
Un malaugurato giorno tuttavia, come capita agli anziani, era di malumore e perse la pazienza e, con essa anche la memoria, con la più piccola delle fanciulle, che si era messa d’un tratto a urlare come una forsennata, dicendo di avere fame, e di voler essere servita ,e subito, da lei.
Non lo avesse mai fatto che arrivarono, come qualcuno li avesse richiamati, tutti i fratelli e le sorelle, i quali, vista la scarsa disponibilità della vecchia, altro non fecero che girare i tacchi, dichiarando ad alta voce che sarebbero ritornati immediatamente dal loro padre Musiwa.
E, infatti, abbandonarono villaggio, capanna e donna.
A quel punto la gente del villaggio, che prima aveva invidiata l’anziana, rise di lei.
E la disgraziata, ricaduta in miseria, finì con il morire di stenti, di fame e di fatiche senza che nessuno si movesse più a compassione per lei.