ESTETICA / IMMAGINAZIONE E CREATIVITA’ NEL “ TRITTICO” DI MIZE’
Un tempo la lettura che si dava delle “arti”, che fossero musica, poesia,pittura, scultura, danza, era quella da ricercare esclusivamente nel piacere che erano capaci di donare allo spettatore-fruitore e poi ancora quanto esse fossero lontane o vicine a quella che si chiama imitazione della natura.
Oggi l’estetica, ossia la filosofia dell’Arte,che nel mentre ha fatto passi da gigante, ci propone invece una molteplicità di chiavi di lettura, impossessarsi di una delle quali per l’analisi di un’opera, escludendo tutte le restanti,non è una cosa semplice.
A rendere agevole questo titanico tentativo di mediazione ci ha provato lo studioso romano Stefano Velotti, con il suo ultimo saggio “La filosofia e le arti”, edito da Laterza, che in questi giorni é in libreria per il piacere degli appassionati.
Sottotitolo molto eloquente: Sentire, pensare, immaginare.
La lettura del testo di Velotti è stato per me un ulteriore stimolo alla comprensione dell’impegno pittorico di un’artista-amica quale la portoghese Maria José Silva, nota Mizé, di cui abbiamo avuto già altre volte occasione di scrivere.
Dico questo perché Mizé, che fa un uso magistrale del colore nei suoi quadri, proprio a partire dall’utilizzo delle diverse tonalità di uno stesso o anche di più colori differenti, è in grado, ogni volta che si mette all’opera, di raccontarci una storia sempre nuova e sempre diversa .
E non pensate assolutamente al limitante figurativo, perché sareste sul percorso sbagliato.
Mentre scrivo, penso all’ ultima “creatura” di Maria José Silva e cioè a TRITTICO, dove giallo e rosso(per altro i miei colori preferiti) s’incontrano e si scontrano, per narrarci di solarità e di amore. Amore per la natura, amore per tutte le creature del creato. Dall’animale ferito e abbandonato sul ciglio della strada a quei relitti umani, uomini e donne, che non hanno più posto alcuno nel nostro mondo oggi più che mai giudicante ed escludente.
Racconti sempre però amorevoli e garbati. Come amorevole e garbata è, infatti, colei che narra.
Il problema in arte però è anche questo.
La provocazione è di Velotti.
Che differenza c’è tra un oggetto reale, quale che esso sia, e la sua rappresentazione artistica?
Secondo Goodman ad esempio- scrive Velotti - gli oggetti reali sono già somiglianti a se stessi. Mentre solo attraverso la rappresentazione artistica essi subiscono una sorta di trasformazione, di quasi metamorfosi che sa di magico, e sono in grado di coinvolgerci, ipso facto, in quello che è poi il mondo dell’artista.
E consentirci così una lettura diversa. Quella lettura giusta appunto.
Ma ben più determinante nell’approccio all’arte, e questo calza perfettamente con tutta la produzione artistica della nostra pittrice portoghese, dai primi paesaggi molto romantici, alle delicatissime figure femminili , fino ai tentativi sull’astratto e sul concettuale, è saper provocare, riuscire a stimolare in chi guarda e osserva, la cosiddetta immaginazione, che è una delle funzioni cognitive più comuni nella nostra consueta percezione della realtà.
E da quel momento( perché c’innamoriamo di un quadro o di una scultura piuttosto che di un’altra?) ha inizio tutto un genere di conoscenza diversa dell’oggetto, e del reale in cui è calato lo stesso oggetto, e facciamo esperienza di un processo emotivo, sensibile, che per ciascuno di noi é molto particolare.
Accade una specie di attrazione fatale come si verifica nella fase dell’innamoramento appunto, che avvertiamo e che, al tempo stesso, non siamo quasi mai in grado di spiegare a noi stessi e meno che mai agli altri.
.E’ il gioco” un po’ tirannico” del demiurgo-artista.
Di tutti quegli artisti che sono realmente tali.
E questo è anche quello che accade se ci soffermiamo ad osservare le pitture di Maria José Silva.
Il creatore, o la creatrice, nel nostro caso, trattandosi di Mizé, che esprime tutta la propria creatività, figlia comunque di una cultura e di un contesto specifico,che può anche divenire “transculturale ”volendo, e dall’altra noi, comunissime persone, dotate di sensibilità, dal quale l’artista, grazie al suo lavoro, riesce a trarre fuori, come da un baule polveroso, riposto in soffitta, all’improvviso, tutta la nostra sbrigliata immaginazione.
Osservate TRITTICO e mi saprete dire le mille e una storia che riuscirete a costruire voi con la vostra stessa immaginazione.
Io non aggiungo altro.
Se si sperimenta infatti, dopo un’osservazione attenta del quadro, di chiudere gli occhi per un attimo e ricordare a memoria il colore e il tratto, l’ immaginazione ci conduce su sentieri mai prima battuti e ci consente la costruzione di storie, che hanno tutti i profumi e i sapori di quella terra portoghese, di cui Mizé è figlia.
Provare per credere.
Non aggiungo e non voglio aggiungere altro
E… naturalmente, buona immaginazione.
di Marianna Micheluzzi.
Un tempo la lettura che si dava delle “arti”, che fossero musica, poesia,pittura, scultura, danza, era quella da ricercare esclusivamente nel piacere che erano capaci di donare allo spettatore-fruitore e poi ancora quanto esse fossero lontane o vicine a quella che si chiama imitazione della natura.
Oggi l’estetica, ossia la filosofia dell’Arte,che nel mentre ha fatto passi da gigante, ci propone invece una molteplicità di chiavi di lettura, impossessarsi di una delle quali per l’analisi di un’opera, escludendo tutte le restanti,non è una cosa semplice.
A rendere agevole questo titanico tentativo di mediazione ci ha provato lo studioso romano Stefano Velotti, con il suo ultimo saggio “La filosofia e le arti”, edito da Laterza, che in questi giorni é in libreria per il piacere degli appassionati.
Sottotitolo molto eloquente: Sentire, pensare, immaginare.
La lettura del testo di Velotti è stato per me un ulteriore stimolo alla comprensione dell’impegno pittorico di un’artista-amica quale la portoghese Maria José Silva, nota Mizé, di cui abbiamo avuto già altre volte occasione di scrivere.
Dico questo perché Mizé, che fa un uso magistrale del colore nei suoi quadri, proprio a partire dall’utilizzo delle diverse tonalità di uno stesso o anche di più colori differenti, è in grado, ogni volta che si mette all’opera, di raccontarci una storia sempre nuova e sempre diversa .
E non pensate assolutamente al limitante figurativo, perché sareste sul percorso sbagliato.
Mentre scrivo, penso all’ ultima “creatura” di Maria José Silva e cioè a TRITTICO, dove giallo e rosso(per altro i miei colori preferiti) s’incontrano e si scontrano, per narrarci di solarità e di amore. Amore per la natura, amore per tutte le creature del creato. Dall’animale ferito e abbandonato sul ciglio della strada a quei relitti umani, uomini e donne, che non hanno più posto alcuno nel nostro mondo oggi più che mai giudicante ed escludente.
Racconti sempre però amorevoli e garbati. Come amorevole e garbata è, infatti, colei che narra.
Il problema in arte però è anche questo.
La provocazione è di Velotti.
Che differenza c’è tra un oggetto reale, quale che esso sia, e la sua rappresentazione artistica?
Secondo Goodman ad esempio- scrive Velotti - gli oggetti reali sono già somiglianti a se stessi. Mentre solo attraverso la rappresentazione artistica essi subiscono una sorta di trasformazione, di quasi metamorfosi che sa di magico, e sono in grado di coinvolgerci, ipso facto, in quello che è poi il mondo dell’artista.
E consentirci così una lettura diversa. Quella lettura giusta appunto.
Ma ben più determinante nell’approccio all’arte, e questo calza perfettamente con tutta la produzione artistica della nostra pittrice portoghese, dai primi paesaggi molto romantici, alle delicatissime figure femminili , fino ai tentativi sull’astratto e sul concettuale, è saper provocare, riuscire a stimolare in chi guarda e osserva, la cosiddetta immaginazione, che è una delle funzioni cognitive più comuni nella nostra consueta percezione della realtà.
E da quel momento( perché c’innamoriamo di un quadro o di una scultura piuttosto che di un’altra?) ha inizio tutto un genere di conoscenza diversa dell’oggetto, e del reale in cui è calato lo stesso oggetto, e facciamo esperienza di un processo emotivo, sensibile, che per ciascuno di noi é molto particolare.
Accade una specie di attrazione fatale come si verifica nella fase dell’innamoramento appunto, che avvertiamo e che, al tempo stesso, non siamo quasi mai in grado di spiegare a noi stessi e meno che mai agli altri.
.E’ il gioco” un po’ tirannico” del demiurgo-artista.
Di tutti quegli artisti che sono realmente tali.
E questo è anche quello che accade se ci soffermiamo ad osservare le pitture di Maria José Silva.
Il creatore, o la creatrice, nel nostro caso, trattandosi di Mizé, che esprime tutta la propria creatività, figlia comunque di una cultura e di un contesto specifico,che può anche divenire “transculturale ”volendo, e dall’altra noi, comunissime persone, dotate di sensibilità, dal quale l’artista, grazie al suo lavoro, riesce a trarre fuori, come da un baule polveroso, riposto in soffitta, all’improvviso, tutta la nostra sbrigliata immaginazione.
Osservate TRITTICO e mi saprete dire le mille e una storia che riuscirete a costruire voi con la vostra stessa immaginazione.
Io non aggiungo altro.
Se si sperimenta infatti, dopo un’osservazione attenta del quadro, di chiudere gli occhi per un attimo e ricordare a memoria il colore e il tratto, l’ immaginazione ci conduce su sentieri mai prima battuti e ci consente la costruzione di storie, che hanno tutti i profumi e i sapori di quella terra portoghese, di cui Mizé è figlia.
Provare per credere.
Non aggiungo e non voglio aggiungere altro
E… naturalmente, buona immaginazione.
di Marianna Micheluzzi.
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