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martedì 26 marzo 2013

Emozione è segno forte /Note di estetica








Che cos’è l’emozione?

Emozione è quella frazione di secondo in cui si genera, senza uno specifico preavviso, una consonanza perfetta tra te e un’altra persona, tra te e un determinato contesto (paesaggio), tra te e un oggetto molto “speciale” oppure tra te e una melodia particolare, che ti ritrovi, magari per caso, ad ascoltare.

E accade, in genere, come già detto, in un tempo dato e non previsto. Una fiammella ,che si alimenta e cresce su se stessa e si fa luce illuminante.

Ne hanno banalmente consapevolezza immediata , per essere chiari, gli innamorati con il classico "colpo di fulmine".

E l’arte, tutta l’arte,che nasce dall’emozione, è un sentire che le parole, per quanto ricercate o forbite esse siano, non sono quasi mai in grado di tradurre in completezza ( critica di mestiere).

E non è il critico, con i suoi giudizi , colui che rende l’opera d’arte tale.

Si sfata  un altro mito .Il critico al massimo può favorirne l’inserimento nella storia dell’arte. Ma non è neanche detto che sia così.

Le parole, infatti, la corteggiano, la fasciano o ci inciampano ma l’emozione, l’emozione artistica in questo caso, è un processo inafferrabile da chi ad essa, per forza di cose, è estraneo.

E’ un’alchimia che si genera nella magia dell’ attimo fugace di quello che poi è il rapporto straordinario tra demiurgo e creatura creata.

E questo anche quando è poesia e cioè parola parlata o parola scritta.

Non c’è testo scritto infatti, anche di uno stesso autore,se ci si presta attenzione, che sia mai uguale ad un altro.

Fermo restando,ma è scontato, la medesima e cosiddetta visione di vita, che è il deposito emozionale da cui emerge e scaturisce tutto il “suo” sentire e narrare.

Se partiamo da un paesaggio dipinto è la stessa cosa.

Un crepuscolo dorato nel silenzio della campagna o di una marina o nei tracciati di geometrie metafisiche è l’incanto che nasce dall’emozione e che coinvolge l’osservatore.

Ed è possibile perché il primo, assieme al suo sentire “speciale”, una specie di “terzo occhio” del sentimento, ha conoscenze e competenze, cioè esperienze del reale e tecniche di resa nella messa in opera.

Stessa cosa, forse anche di maggiore complessità, accade quando l’artista, nel caso il pittore, ma potrebbe trattarsi anche dello scultore, si dedica alla realizzazione della figura umana.

Figura umana è sempre sintesi ricca dell’esistere e, a qualunque età, essa ingloba di necessità passato, presente e proiezione nel futuro.
E tutto questo il”maestro”,se tale è, deve essere in grado di coglierlo ed esplicitarlo, perché altri possano, in seguito, essere messi poi in grado di “leggere” l’opera compiuta.

Non c’è soggetto d’arte, paesaggio o ritratto che non rimandi ad un’analisi del contesto di provenienza. Senza di necessità essere”fotografia” del reale.

Accade pure con l’arte astratta. Quell’arte, talora “incompresa” dai più, che “parla” solo attraverso il colore e il tratto, e che pur rinunciando al figurativo si mostra parimenti abile nel cogliere tutto il pregresso di una “storia”, se si è capaci  (a nostra volta) di leggerla.

Tutto a conferma, ancora una volta, che l’emozione in arte è quel passaggio naturale da intuizione a espressione. Identità tout court. Quella che io chiamo consonanza.
 Un’identità che chiama in causa in un secondo momento il fruitore intelligente, il quale legge e rilegge il prodotto artistico e non lo dissocia affatto da altre forme di spiritualità come può essere,di rimando, anche un discorso di natura filosofico-teologica.


               Marianna Micheluzzi

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