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giovedì 21 marzo 2013

"Urlo dell'anima"/Ossia l'assurdo della sofferenza umana /Lettura di un'opera di Salvatore Malvasi








L’arte contemporanea è quella lente particolare che consente, a chi la sa utilizzare, la lettura del “contesto-mondo” per comprenderne da una parte, come in una successione, i cambiamenti in atto nel tempo storico e riuscire a compararli ; dall’altra di estrapolarne, fino a dove è possibile, quelle contraddizioni che in seguito meriteranno di certo più analisi e un maggiore approfondimento da parte degli studiosi.

E l’arte diviene in tal modo un “oggetto- segno”, un qualcosa di tangibile di una storia, personale o collettiva che  sia, che è poi l’esistere stesso dell’umanità.

Manifestazione di un mutamento continuo, proprio come insegnava il greco Eraclito, per cui però il bianco di oggi può divenire, all’improvviso, il nero di domani o, magari, sfumare addirittura in un grigio indefinito (sopportazione e sospensione di giudizio a tempo indeterminato).

E l’ alfabeto dell’arte ecco che sono i suoi colori, il tratto , l’abilità prospettica, il chiaro-scuro, le luci e le ombre , dietro i quali si cela, insostituibile, la manipolazione creativa dell’artista.

Ed è ciò che personalmente mi porta a pensare l’osservazione della figura “rabbiosa”(una sana rabbia ) dell’opera artistica di Salvatore Malvasi.

Un’opera,che nasce da un contesto, quello potentino, senza dubbio socialmente e politicamente difficile e che io accosterei, “mutata mutandis”,alla condizione di quel silenzio dell’ “innocente”,che è il personaggio di Giobbe, mitica figura biblica.

La sofferenza di Giobbe che spaventa e fa tremare alla sola idea. Sofferenza reale intrisa anche di derisione.

Derisione mista ad indifferenza che i potenti della Terra oggi,dopo aver saccheggiato e distrutto tutto quanto il possibile, praticano con i loro peccati di omissione nei confronti delle generazioni sia presenti che future.

Ma Giobbe, quello biblico, non si arrende. Urla. Non tiene chiusa la bocca. Non è domo dinanzi al suo Signore. S’interroga su di un “perché” senza risposta. Ma non intende ugualmente perdere la sua “partita” cioè la sua fiducia.

E così fa anche il “Giobbe” di Malvasi.

Per lui e chiaro che non c’è nessuno sconto al momento ma,contestando, egli prosegue lo stesso.

La resa sarebbe viltà e morte dell’intelligenza. E l’anima è l’ intelligenza.

Intelligenza creativa (tranne  che nel patologico) per tutti,e in ogni circostanza ,dell’essere al mondo, nel mondo e per il mondo.

                      di Marianna Micheluzzi






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