Quelli che i media occidentali definiscono, con superficialità ottica, scontri etnici sono in corso nella regione di Moyale e, per questo, migliaia di uomini, di donne, di anziani e di bambini (all’incirca 20 mila) si stanno allontanando precipitosamente, in queste ore, a piedi o con mezzi di fortuna reperiti a caso, dalla principale città di questo territorio etiopico e dai villaggi rurali circostanti in direzione Kenya.
Il computo dei morti,a quel che riferiscono fonti attendibili (Bbc), sarebbe arrivato in un solo giorno, quello di sabato scorso ad esempio, ad almeno diciotto persone con l’aggiunta di dozzine e dozzine di feriti anche piuttosto gravi.
Con tutte le difficoltà inerenti per prestare i dovuti soccorsi (l’impegno della Croce Rossa è stato ed è sempre notevole oltre che esemplare in circostanze come queste) e/o arrivare almeno a seppellire i morti prima di proseguire.
E la cosa non si fermerà qui.
Quasi certamente di questa conflittualità ne sentiremo ancora parlare per giorni e per mesi.
I militari etiopici, a quel che è dato sapere, sono stati costretti ad intervenire per separare le due comunità dei Borana e dei Garri dalla violenza, scatenatasi da una disputa sulla proprietà della terra. La verità, invece, è che tra i due litiganti il terzo gode.
E cioè quello che si vuol far passare agli occhi del mondo esterno come il “consueto” conflitto etnico tra agricoltori sedentari e pastori itineranti, altro non è che un’astuta mossa del Governo per impossessarsi dei terreni,espropriandoli agevolmente, e vendendoli poi, a caro prezzo, al migliore offerente in tempi di “land grabbing” sull’Africa.
Molto più banale l’operazione di quanto possa essere immaginabile.
Ma, noi di Jambo Africa, abbiamo imparato a diffidare subito quando sentiamo riferire di presunti conflitti etnici nel continente africano.
Apprendiamo la notizia con “mica salis”, perché ci è abbastanza noto che lo “stupro”, quello peggiore, che si è compiuto e si sta continuando a compiere nei confronti dell’Africa, per sottrarle i suoi “tesori” e senza contraccambio, è una vecchia e brutta storia, che non ci piace affatto.
E sempre più difficile da mandare in soffitta.
Specie ai nostri giorni quando fame e povertà reale cominciano ad essere una “certa” qual certezza anche del cosiddetto mondo “ricco”.
Ricchezza e povertà –recita un antico e noto adagio – non durano cento anni.
Ed esso vale per gli uomini ma anche per le nazioni e per i continenti.
La scomparsa di alcune antiche e prestigiose civiltà sul pianeta , se qualcuno fosse scettico, ne sono testimonianza.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)