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martedì 24 luglio 2012

IO A LONDRA FARO' IL TIFO PER GUOR MARIAL ATLETA DEL SUD-SUDAN





Guor Marial ,pur essendo nativo del Sudan meridionale, alle ormai prossime e vicine Olimpiadi di Londra, correrà (così è stato stabilito) da maratoneta, con i cinque cerchi olimpici sulla maglia, come un “atleta indipendente”.
Gli organizzatori dei giochi avrebbero voluto che il giovane sudanese corresse, addirittura, per i colori di Khartoum ma lui ha rifiutato.
Infatti, per quanto in un certo senso sia stata parzialmente soddisfacente l’opzione (come Marial sono nelle stesse condizioni anche altri tre atleti provenienti dalle Antille Olandesi ) e il “nostro” manifesta, senza risparmio, tutta la gratitudine possibile e immaginabile nei confronti dell’organizzazione olimpica, sarebbe stato senz’altro molto più esaltante vedere in gara, nei prossimi giorni, il giovanissimo “Sud-Sudan”, l’ultimo Stato nato in casa d’Africa, lo scorso anno. Esattamente il 9 luglio 2011.
Purtroppo conosciamo le traversie di Juba e della gente di tutto il Sudan meridionale (una guerra frontaliera ancora oggi per l’accaparramento dei pozzi di petrolio, che contrappone nord a sud di un immenso paese, in cui ci sarebbe pacificamente posto per tutti, se non prevalesse l’ingordigia e la sete di potere di uno a scapito di un altro) e l’impossibilità, dunque, di creare in tempi brevi un comitato olimpico e di potersi poi iscrivere ai giochi.
Anche 28 anni addietro, quando Marial nacque e la sua famiglia fu costretta alla fuga negli Usa, c’era in corso in Sudan un’atroce guerra civile ,che contrapponeva musulmani a cristiani, celando, per gli allocchi, le autentiche motivazioni del conflitto dietro il fragile paravento di una guerra di religione.
A quel tempo- racconta l’atleta – morirono, per il conflitto in corso, parecchie persone appartenenti al suo parentado. Perciò è difficile dimenticare.
Ma negli Stati Uniti, dove è cresciuto e si è formato quale atleta, Marial gode ancora e soltanto dello stato di rifugiato politico. E questo significa per lui niente simbolo Usa sulla maglia.
Parlare di Guor Marial significa riflettere, al di là dei suoi meriti sportivi, che ci sono tutti, di una condizione di “guerra infinita” in Sudan e di tantissime altre guerre combattute e che si combattono in tanti altri Stati africani,anche adesso mentre scriviamo, guerre che nascono, spesso, solo per soddisfare i bisogni egoistici dell’Occidente e di cui l’Occidente ignora tutto. O comunque così cerca di fare credere.
Significa ,soprattutto, mettere il dito nella piaga a proposito delle condizioni di vita di tanti migranti dall’Africa e non solo ( i luoghi di accoglienza sono generalmente ghetti luridi e sovraffollati), in giro per il mondo, e giunti avventurosamente (quando magari non l’inghiotte il Mediterraneo) anche nel nostro Paese.
Condizione che significa, pur se tutto è in regola, ostacoli burocratici notevoli per ottenere l’agognata condizione di asilo e/o di rifugiato politico, in particolare.
E’ bene pensare, osservando le potenzialità in atto di un giovane africano, in questo caso parliamo di uno sportivo, Guor Marial, quanto spreco di risorse umane si compiono giornalmente in Africa e potrebbe non essere, se solo la solidarietà e la fratellanza autentica riuscissero ad avere la meglio sugli “egoismi” dell’umanità.
Egoismi che, comunque, sono uguali a tutte le latitudini e che non fanno “distinguo” in base al colore della pelle, della lingua e/o della cultura di riferimento.
El Bashir a Khartoum e Assad e i suoi sgherri in Siria non sono poi molto differenti.
Non lo erano Hitler in Germania e Stalin nella Russia di allora.
Non lo sono le lobby finanziarie, che si celano dietro le multinazionali che sfruttano uomini, donne e bambini nelle miniere del Kivu e/o comunque di mezza Africa.
L’augurio a Guor Marial è, allora, che possa certamente distinguersi a Londra con una vittoria ma arrivare molto presto, prestissimo, a difendere i colori della “sua” terra, il Sud-Sudan.
Com’è giusto che sia.
A noi “umani” di non smettere di tentare di ammorbidire il “nostro” cuore di pietra.

a cura di Marianna Micheluzzi (ukundimana)

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