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lunedì 21 maggio 2012

JOHANNESBURG (SUDAFRICA) / QUANDO L'ARTE NON VUOLE ESSERE IPOCRISIA








Dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che le provocazioni sono il sale dell’Arte, specie se, per quanto ci riguarda, non vogliamo continuare a vivere risucchiati in quella caverna sociale, che “media” e “network” ci hanno costruito e continuano ,ogni giorno, a costruirci intorno.
Sforziamoci, allora, qualche volta di uscire, di andare fuori. Magari anche per mostre e musei. Proprio come risposta all’omologazione culturale dei nostri tempi.
E, per piacere però, non scandalizziamoci troppo in fretta, se certe performance ci paiono ardite rispetto a quelli che sono i nostri stereotipi culturali.
A Johannesburg, in Sudafrica, alla Goodman Gallery, è accaduto, ad esempio, che l’artista Brett Murray, un provocatore nato, ha osato esporre in questi giorni un acrilico dalle tinte forti e dal contenuto piccante, che ritrae niente di meno che Jacob Zuma ,il quale calandosi le brache, mette in bella mostra, disinvoltamente, i suoi genitali.
Messaggio esplicito di Murray al visitatore è che siamo di fronte ad un presidente del Sudafrica, non solo notoriamente poligamo e populista ma, anche e soprattutto, ad uno stupratore impunito, che riesce a farsi assolvere ,senza battere ciglio, persino nelle aule di tribunale, mettendo pure alla berlina le sue vittime.
E questo è solo quello che di un paese come il Sudafrica è dato sapere ufficialmente.
I retroscena,quelli che attualmente solo in pochi conoscono, e che riguardano la vita privata del presidente, prima o poi verranno fuori, magari a mandato scaduto( più prima che poi come molti laggiù si augurano vivamente),nella solita biografia del furbastro di turno.
Che non mancherà di arricchire il pennivendolo in questione e di appagare i maniaci di questo genere di notizie, disvelando altre squallide verità.
Intanto Brett Murray, che per adesso ha lanciato il “suo” sassolino, che certamente ha colpito nel segno e che si gode la notorietà, ha messo nei guai la Goodman Gallery, minacciata a muso duro dal clan di Zuma di processo legale, se il famigerato quadro non fosse stato subito ritirato dall’esposizione.
Niente da fare.
La Goodman Gallery ha risposto picche a questi e il quadro è lì, al suo posto come dall’inizio e vi resterà fino alla chiusura della mostra.
E qualunque sudafricano, o visitatore di passaggio, volendo può vederlo.
Intendiamoci bene che non si tratta certo di un capolavoro ma di un ritratto di maniera e che l’intenzione dell’artista era ed è essenzialmente quella di provocare e, contemporaneamente, di procurarsi notorietà.
Ma la verità vera, quella che si cela dietro la provocazione del ritratto di Brett Murray è che l’era politica di Zuma, che ha reso insopportabile l’esistenza a parecchi, sta facendo rimpiangere addirittura il passato coloniale.
Della serie “si stava meglio quando si stava peggio”.
E questo perché tante e tali sono le nefandezze morali, le ruberie a mano bassa e le ingiustizie plateali che la gente onesta vorrebbe, se potesse, cancellare nell’immediato, con un colpo di spugna, magari abrasiva, Zuma e la sua cricca dalla storia del Sudafrica.



a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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