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martedì 5 giugno 2012

CRIMINI RITUALI PIAGA DELL'AFRICA








Anche se è difficile, ai nostri giorni, per un occidentale crederlo e calarsi in un’ottica del genere, i crimini rituali, legati a quella che da noi chiamiamo, e a volte anche impropriamente, la cosiddetta “stregoneria”, sono una realtà nel continente nero.
Una realtà che magari fa anche a pugni con la modernizzazione in corso e la sete di democrazia dell’Africa giovane, quella delle generazioni del computer e dell’ultimo cellulare, ma che comunque esiste. Dall’oggi al domani non è raro che spariscano dai villaggi o in città donne, giovani o vecchie. Non importa quale che sia l’età. Uomini. E così anche bambini.
Gli albini, per esempio,oppure i gemelli, la cui vita in Africa,tanto degli uni che degli altri ,è ormai notorio che , fuori dalla protezione della stretta cerchia familiare, e neanche in quella sempre, resta a rischio.
Stupore a parte, la diffusione della stregoneria è più ampia e capillare di quanto si possa immaginare.
Quello che sconvolge però è che questi omicidi, perché è giusto chiamarli con il loro vero nome, avvengono quasi sempre in ambienti medio-alti del continente, dove alcuni politici o aspiranti tali oppure ricchi uomini d’affari del luogo, non paghi del successo già raggiunto, vogliono avere ancora di più.
L’antropologo Ludovic Mba Ndzeng, di recente, nel corso di una conferenza-dibattito a Libreville, in Gabon, organizzata dalla Commissione “Giustizia e Pace” di quella diocesi , ha chiaramente detto alla platea dei suoi uditori che questi abomini sono legati, a filo doppio, alla ricerca del potere in vista di un contro-dono, giacché l’obiettivo è sempre quello della promozione sociale, che per gli africani, quasi un tarlo che rode il cervello, è fondamentale e imprescindibile per poter infine contare nel proprio contesto e magari non solo in quello.
Per di più agli africani,specie quelli acculturati, affrontare certi argomenti proprio non piace. Disturba anzi. E io lo dico ricordando le sfuggenti risposte a questo genere di quesiti, anni fa,del saggio Joseph Ki-Zerbo, il burkinabé, primo storico dell’Africa nera. Per giunta cattolico.
Ma sbagliano.
Le eccezioni tuttavia ci sono.
Il fatto è che sono ancora troppo poche.
Parlarne senza peli sulla lingua è dunque molto importante se si vuole realmente porre fine alla piaga e che il messaggio passi sul serio specie per tutti coloro che sono convinti che la vita è un dono incommensurabile e che va rispettata.
E non c’è ambizione alcuna o voglia di successo o di potere con cui ,essa vita, possa essere barattata per soddisfare qualsiasi altro egoismo personale, ricorrendo per giunta al delitto.
In questa direzione,oggi come oggi, in molti Stati africani si stanno organizzando e muovendo con serietà(ed è un bene) oltre alle scuole, alle università, alle radio e alle tv locali, dove se ne parla di continuo, anche alcuni romanzieri di successo.
Quest’ultimi, come il non più giovane tanzaniano Gabriel Ruhumbika (ma non è il solo se si pensa alla letteratura africana di successo di un Chinua Achebe o di un Ben Okri), provano a raccontare nelle loro storie appunto le dinamiche di questo magico e surreale pensare e agire, che spinge al crimine.
Lo fanno all’africana certo .Espongono fatti cioè e non c’è nel racconto alcun giudizio di valore.
Ma lo hanno fatto o lo fanno per raggiungere, attraverso la parola scritta, e possibilmente in presa diretta, in particolare la gioventù.
E cioè quella che un domani potrà essere la futura classe dirigente del Paese.
Quale che sia il Paese.
L’eliminazione di questi riti, accanto al rispetto nei confronti della vita del quale non si discute , significa, andando al di là di una lettura di superficie, maggiore stabilità politica e pace nazionale.
Politici corrotti o corruttibili, e affaristi senza troppi scrupoli, non hanno mai fatto, che sia noto a memoria d’uomo, il bene del proprio Paese e della propria gente.
Combatterli, cominciando a fare guerra alla “stregoneria”, significherà ancora una chance in più per vincere ed avere, molto probabilmente e quasi ovunque, in Africa, un po’ più di giustizia per tutti.

Mariannna Micheluzzi (Ukundimana)

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