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lunedì 4 giugno 2012

SPERANZA TENUE PER LA PACE IN SUD-SUDAN










Pace in Sud-Sudan significherebbe per la gente comune poter riprendere il corso di una vita normale.
Significherebbe, poco per quanto sia, poter mettere qualcosa sotto i denti.
Trovare dove semmai curarsi in caso di necessità ,soprattutto gli anziani e i bambini, cosa oggi neanche lontanamente immaginabile.
Significherebbe liberarsi del ricatto costante e continuo dell’altro Sudan, quello del musulmano el Bashir, che ha giurato di annientarlo.
Quello ricco, insomma, a paragone con il nuovo Stato-fratellastro, a detta del Nord.
Anche se poi la ricchezza in “fieri” (petrolio e minerali pregiati) è e rimane a Juba più che a Khartoum.
Per questo, giorni fa, sono ripresi i negoziati di pace ad Addis Abeba, in Etiopia, nella sede dell’Unione Africana, presente anche una rappresentanza del governo italiano.
Margherita Boniver, in vece del ministro degli Esteri ,Giulio Terzi, al rientro, dopo un viaggio esplorativo in Kenya, Sudan e Sud-Sudan, ha dichiarato, infatti, che le condizioni in quei paesi, specie nei campi profughi, sono decisamente d’invivibilità e molto peggiori anche rispetto ad un recentissimo passato.
Darsi da fare, allora, perché pace sia al più presto possibile. E anche prima che sia troppo tardi per tutti.
Basta morti inutili. Dal momento che Khartoum continua con rappresaglie e bombardamenti contro il Sud-Sudan comunque.
Si tenga, inoltre, presente che el Bashir, noto criminale e tiranno ricercato dal Tribunale penale internazionale de L’Aja, dopo aver vessato il pubblico impiego e i commercianti, a casa sua, con tasse salatissime allo scopo di portare avanti la “sua” guerra contro il Sud-Sudan, nell’est del Sudan ha espulso alcune organizzazione non governative con l’accusa di non saper portare avanti bene i propri progetti.
Una modalità, a mio parere, per fare ulteriore vuoto intorno alla sua gente, che deve avere un solo obbligo nei confronti del “potere” costituito e cioè quello di obbedire e sottostare.
Pena : pesantissime condanne o addirittura il rischio della propria vita.
I diritti umani a Khartoum, è cosa nota, sono un optional.

A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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