giovedì 4 luglio 2013
Ghana /Coltivatori di mango alle strette
La tutela della salute è una cosa importantissima a ogni latitudine. Ed è più che giusto essere oculati e prudenti. Ma,quando si legifera,quale che sia la sede, non guasterebbe tenere conto, almeno un tantino, del destinatario.
Questo sempre che la legge sia fatta per l’uomo e il legislatore se ne ricordi.
Tanto gli Stati Uniti che l’Unione Europea, in materia di politiche agricole, hanno stabilito, un bel giorno ( e non è molto), dall’oggi al domani,e congiuntamente, che in Africa, le produzioni di mango, perché il frutto sia esportato, devono essere realizzate con protezioni, in serre apposite, e cioè al riparo da insetti e parassiti, e sottoposte a radiazioni specifiche in impianti idonei alla funzione.
In Africa, e non solo in Ghana, dove questo frutto, che tanto piace agli occidentali ( e quindi ha da qualche anno a questa parte un “suo” buon mercato), ha sostituito le coltivazioni di cacao, per i contadini non ci sono affatto i mezzi economici per realizzare le serre.
E, soprattutto, meno che mai esiste l’opportunità d’ essere padroni degli impianti di radiazioni richiesti dalla legge.
In tutta l’Africa non esistono.
Secondo me questo significa una sola e semplice cosa e cioè, innanzitutto, l’impoverimento più che certo dei piccoli agricoltori locali (il contadino difficilmente cambia mestiere), che è comunque cosa grave. E, poi, essenzialmente creare la chance per i capitali delle multinazionali straniere di realizzare essi quei profitti, che attualmente hanno provato a fare i contadini ghanesi.
In che modo?
Con l’acquisto delle terre a prezzo irrisorio (complici i governanti del posto, i “mazzettari”) e con la gestione imprenditoriale e la vendita del prodotto ”mango”, ottenuto in estese coltivazioni e sottoposto in filiera, naturalmente, a tutte le moderne tecnologie possibili.
Cosa , per altro, che già avviene nei Paesi latino- americani e per lo stesso frutto .
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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