lunedì 1 luglio 2013
Charles Ratton/ Il figlio del cappellaio / Musée Quai Branly (Parigi)
Nasce, alla fine dell’Ottocento, in una piccola cittadina di provincia da una modestissima famiglia piccolo-borghese.
Il padre era un cappellaio e la madre una casalinga, e tuttavia il “nostro” scala senza troppe difficoltà il successo, per i suoi tempi (anni ‘30), in quanto sa, da subito, appena giovanissimo, cosa chiedere alla vita .
E per questo si prepara, con studi appropriati e molta tenacia, lavorando di giorno, per mantenersi, e studiando di notte.
Frequenta poi,con profitto, la scuola del Louvre e segue, con passione, i corsi di archeologia medievale.
Un bagaglio culturale che gli risulterà, in futuro , prezioso
Parlo di Charles Ratton cui,a Parigi, il Musée Quai Branly, ha dedicato, in questi giorni, una mostra, che merita tutta la nostra attenzione.
Mi riferisco ad una nutrita e articolata rassegna dell’”Art nègre”.
Titolo dell’esposizione parigina, che resterà visitabile al pubblico fino a settembre, è “Charles Ratton,l’invention des Arts “primitifs”.
Un’Arte “altra”che, agli inizi del secolo XX°, era stata scoperta dalle Avanguardie artistiche (Picasso in primis) e che Ratton propone in seguito al mercato, aprendo in città diverse gallerie al pubblico,un pubblico raffinato ed esigente, e arricchendo, su commissione, le collezioni di molti privati dai nomi importanti, che lo richiedono e come consulente e come fornitore.
Una per tutte la collezione della Helena Rubinstein,la nota ”signora” della cosmetica mondiale, che egli arricchì di pregiati pezzi quasi al 100% e che, quando fu rivenduta all’asta nel 1966, raggiunse cifre da capogiro. Impensabili.
Ma prima e dopo questo , sempre con la concretezza e la tenacia di un imprenditore, che conosce il fatto suo, grazie a fonti di provenienza ben precise della mercanzia, e che non possono riservare affatto sorprese (si tratta sempre e soltanto di originali), c’è da ricordare (e la mostra parigina questo lo fa molto bene) il feeling e gli affari fatti con certi grossi nomi del Surrealismo (Eluard e Breton),il sodalizio con Paolo Morigi, l’amico “speciale” che l’ha ospitato più volte nella sua casa-rifugio in Svizzera, il contributo al MOMA di New York (1935), che fece apprezzare definitivamente l’arte extraeuropea anche negli Stati Uniti, la collaborazione con il magnate Rockfeller per realizzare il Museum of Primitive Art, confluito poi nel MET.
E, ancora, tantissime altre opportunità, che hanno fatto di lui,quel nome di prima grandezza nella storia dei mercanti d’arte, di cui sappiamo e dato ad un pubblico, sempre più vasto, l’opportunità di avvicinarsi, conoscere e apprezzare quello che, un tempo, era semmai, per i più, il “bello” sconosciuto.
Insomma Charles Ratton è un uomo certamente innamorato del “bello” ma che, al tempo stesso, non ha mai disdegnato il denaro.
Semmai lo ha inseguito con il fiuto dei buoni affari, che è riuscito, nei fatti, realmente a realizzare.
Il denaro è stato il solo mezzo che ha potuto consentire a lui, terribilmente affascinato dalla ricca borghesia, di vivere alla grande come aveva sognato fino da bambino.
E, al contempo, acquistare, spesso per molto poco ,e grazie ad esso, proprio quei pezzi che poi ha saputo rivendere (anche questa è arte della “comunicazione”) ai suoi clienti, facendoseli ben pagare.
Il discorso morale o etico qui c’entra poco o niente, la filosofia è soltanto quella del mondo degli affari.
E non bisogna meravigliarsi delle contraddizioni umane (fanno parte del gioco) se egli passa, infatti, dal fare affari con i nazisti occupanti stranieri del suo Paese a una difesa sostenuta contro l’occupazione coloniale delle potenze occidentali e la loro linea politica.
Prima di volare a Parigi, per visitare la mostra, per saperne di più, leggere, però, il Catalogo MQB-Skira Flammarion.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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