venerdì 26 luglio 2013
Perché "Presenza di Spirito" di Elmar Salmann"?/ Cittadella-Assisi,2012/ Spazio Letture
L’editrice Cittadella di Assisi ci regala, in questo tempo vacanziero, la riedizione di un libro molto prezioso da leggere, rileggere e, magari, tenere a portata di mano sul comodino o mettere nello zaino, se siamo di partenza.
Mi riferisco a “Presenza di Spirito” del domenicano tedesco Elmar Salmann.
Circa trecento e oltre pagine tutte godibilissime.
Un testo che potrebbe essere letto da chiunque lo voglia. Anche da chi si professa agnostico in materia di fede e di mistero.
E lo dico, un po’ come una sfida non pretenziosa, in quanto il cristianesimo per Salmann non è un insieme di dogmi e di precetti morali( certamente anche quelli) bensì una possibilità di stile.
E l’invito al lettore è quello di fermarsi a riflettere, appunto, sulla parola “stile”.
Ciò che manca, a parere dell’autore nelle Chiese d’oggi, è un rapporto naturale tra fede e vita quotidiana.
Premesso ciò, pertanto, il teologo tedesco suggerisce al lettore d’imparare a vivere la propria vita fino in fondo, a saperne sopportare le contraddizioni, a reggerne il peso. E farlo sempre con serenità e consapevolezza.
Per Salmann il ruolo del teologo, infatti, è un po’quello del”cavaliere dell’invisibile”, di chi è capace d’indurre il sospetto di una dimensione altra, di uno spiraglio di apertura verso un “oltre” e, nel contempo, di ritrovare poi la vita come un oggetto smarrito ma miracolosamente conservato e, alla fine, ritrovato.
Secondo il teologo domenicano, docente al pontificio Ateneo “Sant’Anselmo” di Roma, il rapporto tra mistero cristiano e quotidianità va configurato.
Il mistero, infatti, è dentro la storia dell’uomo. La fede non è soluzione ai problemi ma è problema essa stessa.
E’ una domanda aperta che ciascuno di noi può porsi, sempre che lo voglia.
E’ la scommessa avventurosa di cui parlava Pascal. E non soltanto lui.
Il Dio di cui argomenta la teologia di Salmann non è “oltre”, e cioè ai limiti dell’esistenza ma in mezzo ad essa e l’accompagna come essa è.
Nessuna pretesa, dunque, di assolutezza.
E, cosa particolarmente stimolante, è che la sfida della letteratura è accettata dal frate domenicano. E’ chiamata in causa,anzi, quale terreno fecondo per la presenza simbolica di intuizioni e di suggerimenti alla riflessione del teologo. E lo confermano le numerose citazioni e i ripetuti richiami di autori,che arricchiscono il saggio, come quelli di Montale, di Caproni, di Yourcenar, di Mann e di Canetti.
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