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martedì 16 aprile 2013

Zimbabwe / "Il fumo che tuona" e l'aeroporto nuovo saranno portatori di benessere per Victoria Falls?










Pare che soffi un buon vento sullo Zimbabwe ultimamente, nonostante l’onnipresente scomoda e inossidabile figura di Robert Mugabe.

Uomo senza dubbio deprecabile costui, in quanto notorio affamatore della sua gente e non rispettoso dei più elementari diritti umani ma- bisogna dirlo- personalità con un ottimo fiuto per gli affari.

In particolare i propri.

E questo del “buon vento” accade da quando l’Unione Europea, in seguito ai fatti ultimi registrati, ha alleggerito un tantino le pesanti sanzioni economiche allo Zimbabwe. Tanto che sono in parecchi a credere, ormai, possibile una lenta ma graduale democratizzazione della vita politica interna del paese.

Intanto sono arrivati anche i dollari di Pechino (circa 200 milioni), finanziati dalla Export-Import Bank of China. E, con il denaro, sono giunti sul posto uomini e macchinari per la costruzione del nuovissimo aeroporto ( quattro chilometri di pista- 100 mila metri quadrati di asfalto - un nuovo terminale) nei pressi di Victoria Falls, la cittadina di 45 mila abitanti, nata proprio di fronte alle Cascate Vittoria e che vive principalmente dei proventi del turismo.

La città, infatti, offre ospitalità ai tantissimi turisti che ogni anno, nelle stagioni buone, arrivano per visitare quelle meraviglie della natura che sono le note “cascate” e i luoghi d’incanto “mozzafiato” di una natura primordiale, che le circondano.

Con l’ampliamento dell’aeroporto, il ministro del Turismo intravede, a suo dire, addirittura la possibilità per lo Zimbabwe di una crescita del giro d’affari paragonabile a quello delle cascate del Niagara in America.

Ora per certi versi è tutto bene ma la popolazione di Victoria Falls si mostra, giustamente, piuttosto scettica. In sostanza non vorrebbe intralci alle proprie attività economiche del momento e crederà alla positività della cosa quando il tutto sarà realmente portato a termine.

Fatti e non parole, insomma.

Non è raro infatti che, nel bel mezzo dei lavori, quale che sia il progetto da realizzare, non si proceda a concludere e per i più differenziati motivi.

E’ già successo sul territorio africano e proprio con ditte appaltatrici cinesi e con denaro cinese. Specie se i rubinetti della banca-madre si chiudono improvvisamente.

L’unica assicurazione che è stata data agli abitanti di Victoria Falls, in merito al cantiere aperto, è che la struttura urbanistica di stile vittoriano della cittadina non sarà modificata.

Contemporaneamente, però, si comincia a ventilare anche la possibilità di costruire, e sarà poco tempo, una nuova città all’uopo.

Essa si chiamerà Victoria Falls City e dovrebbe estendersi su 1200 ettari di foresta vergine messa a disposizione dallo Stato.

Qui, a questo punto, sorgerà senz’altro il discorso del rispetto delle biodiversità vegetali, delle specie animali endemiche e di chi abita da sempre quelle terre. Uomini e donne, anziani e bambini, che potrebbero forzosamente essere inurbati.

Ma, per quanto giusto sia per noi, ai nostri occhi, un certo rispetto di persone e cose, si ricordi che l’ottica africana non è quella dell’Occidente e degli occidentali. E che, inoltre, la terra nella maggior parte dei Paesi africani (se non tutti) è proprietà dello Stato, che ne dispone, ahimé, a proprio piacimento.

E non c’è democrazia che tenga.

Il prisma, infatti, ha molte faccine.

                a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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