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sabato 8 giugno 2013

Nigeria jihadista puzza di morte e non convince.







Gli scontri con bilanci elevatissimi di morti e feriti, dopo quelli di Baga e Bama (oltre 240 sono state le vittime inermi) e l’uccisione, lo scorso maggio , del responsabile delle Associazioni cristiani della Nigeria, non segnalano altro che la volontà di Boko Haram, la nota setta islamica fondamentalista,seminatrice di lutti, di continuare a procedere su di un cammino di totale destabilizzazione del Paese.

Il malcontento ,la povertà e la paura sono segnali reali nonché più che evidenti negli Stati del nord e del centro della Confederazione nigeriana ed è su questa “brace”, appunto, che gli uomini di Boko Haram soffiano di continuo e alimentano la fiamma.

Essi sanno bene che corruzione e arroganza politica, con annesse e connesse conseguenze in termini di malcostume imperante e arricchimento illecito, sono appannaggio esclusivo del sud e, in particolare, di quella cerchia politica, senza scrupoli,che trae enormi profitti dagli affari del petrolio e non solo.

Il tutto gestito, molto spesso, in combutta con equivoci trafficanti occidentali dall’ “occhio lungo” e dal jet personale, pronto a scaldare i motori sulla pista.

Con questo intendo dire che Boko Haram ,deplorevole quanto sia, non nasce dal nulla.

Nihil ex nihilo.

In quegli stessi villaggi poveri della Nigeria centrosettentrionale gli anziani di oggi raccontano che, un tempo, c’era solidarietà, rispetto e amicizia tra cristiani e musulmani. Oggi c’è sospetto e timore.

Nel mentre sappiamo che il Governo del Presidente(Jonathan Goodluck è cristiano) ha proclamato lo stato d'emergenza.

Intanto i musulmani, attraverso i leader, domandano una proposta di amnistia per i loro.

Cosa assolutamente impossibile - rispondono i cristiani - senza l'avvio di un autentico processo di dialogo.

E, sopratutto, bando alle violenze.

Impossibile,pertanto, ogni previsione sull'immediato futuro.

L'unica consapevolezza è che l'odio religioso maschera ben altri interessi, difficili da accantonare.


         a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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