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martedì 7 maggio 2013

Eritrea / Squilla il telefono...





Simpatica strategia quella messa in piedi dagli eritrei all’estero, in genere giovani dell’ ultima diaspora, fuggiti dal proprio Paese, con ogni mezzo, pur di riuscire a sottrarsi in qualche modo al durissimo regime di Isaias Afewerky.

E cioè pare che essi, ovunque si trovino, compongano dei numeri telefonici a caso,corrispondenti ad abitazioni civili delle differenti città eritree e lascino a colui o a colei che risponde all’altro capo un messaggio di contestazione politica preregistrato, che non è altro che un invito a sollevarsi contro l’operato dell’attuale politica governativa.

Senza dire che questo genere di propaganda, per coloro che sono fuori dall’Eritrea ma intendono incidere con un cambiamento politico a casa propria, funziona coordinandosi in Europa ,e non solo (Usa-Canada), grazie alla rete e, quindi, via internet.

Un internet decisamente prezioso in rapporto allo scopo.

Quest’ultima generazione di contestatori, infatti, non coincide con i tradizionali oppositori del regime, che sono attivi  ma clandestini in Eritrea.

Essi chiedono esplicitamente l’applicazione della Costituzione del 1997,quando il Paese appunto divenne indipendente e si diede una legge fondamentale che prevede il multipartitismo.

E domandano poi il rilascio di tutti i prigionieri politici, che riferiscono fonti ben informate  pare che ammontino ad almeno 10 mila persone.

Persone  che vivono nelle carceri eritree in condizioni disumane e sono costrette, giornalmente, a praticare lavori forzati , spesso anche se sono in condizioni fisiche molto precarie per malattie e denutrizione.

Riusciranno nell’intento questi giovani eritrei amanti della loro patria ? Noi gli auguriamo di sì. Ma che sia un “sì” reale e, soprattutto, duraturo nel tempo.

Non che, a cambiamento avvenuto, pur con la consapevolezza dei tempi lunghi necessari per impiantare un’autentica società democratica, il tutto poi involva in una situazione di stallo o di caos istituzionale peggiore come è accaduto, nei fatti, per le cosiddette primavere arabe.


 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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