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mercoledì 22 maggio 2013

Le "grandi opere" non giovano né al Sudafrica né al Congo Kinshasa.






Nel portale d’informazione SouthAfrica.info si parla di un accordo, sottoscritto a Parigi dai rappresentanti dei governi di Pretoria e di Kinshasa, per l’acquisto dell’elettricità, prodotta da Inga 3, una diga, che dovrebbe tagliare il tratto finale del fiume Congo, per soddisfare esaustivamente poi l’intero fabbisogno dell’area sub sahariana.

Il Sudafrica sarebbe disponibile all’acquisto di almeno 2500 dei 4800 megawatt della futura produzione.

E Kinshasa, a sua volta, prevede a ottobre 2015 di dare inizio ai lavori di Inga 3 e poi di Grand Inga.

Grand Inga è una diga ancora più grande da realizzare sempre lungo il corso del Congo.

Tanto Inga 3 e Grand Inga avranno impianti comunque connessi alle altre due dighe, realizzate negli anni precedenti, e cioè Inga1(1972) e Inga 2 (1982).

Opere faraoniche, i cui costi sono, per Inga 3, di 12 miliardi di dollari e, per Grand Inga, che potrebbe fornire di elettricità anche l’Europa stessa, addirittura di 80 miliardi di dollari.

Nell’attesa del benestare ,dopo gli studi di fattibilità,quelli commissionati dalla Banca Mondiale, dalla Banca africana di sviluppo e da altri organismi internazionali, parecchie organizzazioni non governative (ong) locali ed alcuni esponenti della società civile africana, uomini e donne, impegnati per l’ambiente e il lavoro, stanno già protestando pubblicamente.

E hanno perfettamente ragione sia per l’impatto ambientale ( modifiche del clima), che ci sarà di certo, nonostante le assicurazioni degli studiosi, quanto per i danni a quei lavoratori (agricoltori e, soprattutto, pescatori) la cui economia di sussistenza trae oggi l’indispensabile sostentamento appunto dalla presenza del fiume.

E poi i problemi della Repubblica democratica del Congo sono così enormi che non è affatto giustificabile un impegno economico così oneroso, sebbene buona parte del denaro è noto che arriva dall’esterno.

Nel Paese, accanto a una tregua delle armi ancora molto attesa, sarebbero necessarie una quantità di opere di carattere sociale.

Per costruire Grand Inga, tra l’altro, sono in corsa per gli appalti diversi consorzi cinesi, spagnoli, coreani e canadesi. E le logiche sono sempre le stesse.

Mazzette in tasca ai governanti locali e bassa manovalanza per i lavoratori del luogo sottopagati.

Semmai saranno impiegati.

Per quanto riguarda il Sudafrica, anche lì, la situazione occupazionale è molto critica da tempo (la disoccupazione ha raggiunto picchi elevati anche tra i bianchi) e questo esborso di denaro, da impiegare per l’acquisto di energia, poteva imboccare, almeno per ora, strade differenti.

Non sbagliano, dunque, coloro che protestano.

In effetti, lo sviluppo sostenibile non passa mai per le “grandi opere” e il denaro che si spenderà, di sicuro anche oltre la cifra prevista, soddisferà ,come sempre, interessi estranei all’Africa.

E, semmai, arricchirà ulteriormente le lobbie politiche locali, che non disdegnano di avere le mani in pasto quando ci sono all’orizzonte affari di tale genere.

     a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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