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venerdì 17 maggio 2013

Rep.Dem. del Congo /Scarsissime sicurezze per madri e bambini /Denuncia di Save the Children








Nel 14° Rapporto annuale, stilato dall’organizzazione umanitaria internazionale “Save the Children”, si legge che il peggiore Paese al mondo in cui può nascere un bambino ,al giorno d’oggi, è la Repubblica democratica del Congo. E altrettanto dicasi per le mamme che devono mettere al mondo un neonato.

Secondo i dati di “Save the Children”, in Congo, una donna ogni 30 muore durante la gravidanza o il parto.

In Niger, in Mali, in Somalia e in Sierra Leone, tra il 10 e il 20% dei neonati, i piccoli nascono sottopeso o, addirittura, la nascita avviene prima del termine stabilito.

I Paesi presi in esame dal Rapporto di “Saven the Children” sono 176 e in esso sono bene evidenziate le differenze tra le differenti realtà locali all’interno di un medesimo continente e, naturalmente, tra i differenti continenti stessi.

In Europa, ad esempio, Finlandia, Svezia e Norvegia risultano essere decisamente ai primi posti (e non c’erano dubbi) e ciò in base ai seguenti indicatori, presi in considerazione : a) salute materna e rischio morte durante il parto; b) benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i cinque anni ; c) grado d’istruzione della donna ; d) condizioni economiche e Pil pro capite ; e) partecipazione politica delle donne al governo.

Infatti, in Finlandia, Svezia e Norvegia è proprio la salute delle madri e il livello di istruzione ,oltre alle condizioni economiche, politiche e sociali a fare da garanzia alla crescita armonica dei figli.

Viceversa dieci Paesi dell’Africa sub sahariana elencati,tra cui alcuni di quelli di cui sopra, che si collocano in fondo alla graduatoria, ottengono punteggi molto scarsi in relazione agli indicatori stabiliti dai ricercatori.

E questo la dice lunghissima sulla enorme disparità tra Paesi industrializzati o post-industriali e quelli in via di sviluppo.

Su quello che si fa e quello che non si fa per certe realtà del nostro pianeta. E su quello che si potrebbe e si dovrebbe fare piuttosto che sfruttare tout court uomini e cose (risorse).

Così se le finlandesi beneficiano di 17 anni d’istruzione, le donne della Rep. dem. del Congo possono contare solo su 8 e le somale appena su 2.

Se il tasso di mortalità entro i cinque anni per i bambini in Congo è di 167 su mille nati vivi, in Finlandia è di solo 3 su mille. E la stessa differenza si riscontra anche nel tasso di partecipazione femminile alla vita politica.

In Finlandia la percentuale dei seggi occupati dalle donne è il 42,5% contro l’8,3% delle congolesi.

Tutte queste cifre,alcune delle quali fanno male a leggersi, a mio avviso, non sono altro che un richiamo all’impegno di tutti, governanti e cittadini qualsiasi, perché le differenze di condizioni di vita effettivamente si riducano nelle diverse parti del mondo, e sempre di più. E si lavori, come “famiglia” umana onesta, perché ciascuno, bambino o adulto, uomo o donna, giovane o anziano, sia messo, comunque, nella condizione di vivere la propria esistenza con quella dignità che spetta a ciascuno a ogni latitudine.

Nella classifica del Rapporto l’Italia occupa il 17° posto.

Risultato certamente gratificante, almeno per il momento, ma che non faccia dormire troppo sugli allori, tenendo presente l’avanzata insidiosa delle “nuove” e subdole povertà anche in Europa. Specie in quella che prende il nome di mediterranea.

          a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

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